Il male in mezzo a noi
Perché il giorno della memoria del 27 gennaio? Troviamo una risposta sempre attuale nell’ultimo libro di Primo Levi «I sommersi e i salvati». «L’esperienza di cui siamo portatori noi superstiti dai lager nazisti — scriveva Levi — è estranea alle nuove generazioni e sempre più estranea si va facendo man mano che passano gli anni». Cose d’altri tempi? si domandava Levi. È forse in tale penoso interrogativo che risiede più precisamente la sua disperazione estrema di «salvato» da Auschwitz: anche la sua prova di scrittore sull’abominio delle miserie razziste rischiava di rivelarsi inutile, se su di esse cadeva l’oblio, se altri diventano i problemi da considerare più minacciosi. «Eppur ricordate — ammoniva sempre Levi — che i nostri aguzzini erano fatti della nostra stessa stoffa, erano esseri umani medi, mediamente intelligenti, mediamente malvagi: salvo eccezioni, non erano mostri, avevano il nostro viso... ma erano stati educati male». Sono queste le verità che dovrebbero inquietare sempre le occupazioni e le pre-occupazioni delle nostre comunità, se intendono essere libere. Dimenticare che il male è in mezzo a noi significa preparare nuove catastrofi. Ma chi dovrebbe educarci al bene, se i potenziali buoni maestri ieri hanno finito per servire il male e domani potrebbero fare altrettanto? «Le cronache della Germania hitleriana — diceva ancora Levi — brulicano di casi che confermano questa tendenza: vi hanno soggiaciuto, confermandola, Heidegger il filosofo, maestro di Sartre; Stark il fisico, premio Nobel; Faulhaber il cardinale, suprema autorità cattolica in Germania, e innumerevoli altri». Domandiamoci sempre: coloro che sono davanti di noi sanno educarci al bene?
Nicola Zoller,