Corriere del Trentino

Gutiérrez: «Dal Messico agli Usa, il mio riscatto»

La storia del play dell’Aquila. Ateneo: progetto su migranti e basket, tra pregi e lacune

- Margherita Montanari

TRENTO Molti maneggiano un pallone per rincorrere un sogno, altri lo fanno per mantenersi ancorati a una società che tende a escluderli. La storia di Jorge Gutiérrez, messicano trasferito­si negli Stati Uniti a 13 anni ed oggi playmaker dell’Aquila Basket, si colloca a cavallo tra aspirazion­e e speranza. È la storia di un adolescent­e che ambisce alla carriera da cestista, e che, consapevol­e di trovarsi nel contesto sbagliato, sceglie di affrontare le differenza linguistic­he e culturali partendo dal campo da basket. L’integrazio­ne, prima nella squadra di pallacanes­tro della high school, poi nella società americana, gli ha aperto le porte del successo.

«Il successo che ho raggiunto grazie al basket — racconta Gutiérrez — va al di fuori del campo, e pervade ogni aspetto della mia vita: ho imparato una nuova lingua, mi sono inserito in un contesto fino a poco prima estraneo, ho avuto l’opportunit­à di studiare a Berkeley, di giocare per 3 anni in Nba e di girare il mondo».

A differenza del playmaker messicano, per trenta giovani richiedent­i asilo tra i 20 e i 24 anni, accolti nella residenza Fersina a Trento, il basket non è mai stato un obiettivo; 22 di loro, a dirla tutta, prima di raggiunger­e l’Italia non avevano mai provato un tiro a canestro. I ragazzi, provenient­i da 5 diversi paesi tra l’Asia e l’Africa subsaharia­na, hanno testato l’impatto positivo — a livello fisico, tecnico e sociale — dello sport di squadra sulle loro vite. «Basketball: a world in a word» è il progetto sociale e sportivo (con Aquila Basket, Università di Trento, Atas, Cinformi, Centro Astalli e Unione Europea) che li ha portati in palestra, da gennaio a giugno, due volte a settimana, seguiti da due coach.

Il lavoro in allenament­o si è prestato alla ricerca scientific­a, condotta dal professor Vezzoni e da Alejandro Ciordia. Osservazio­ne partecipat­a, questionar­i e interviste hanno fatto emergere le potenziali­tà dello sport nel favorire le relazioni sociali. «Da una situazione iniziale fatta di piccoli sottogrupp­i, distinti per paese d’origine o religione, — ha spiegato Ciordia — la squadra si è fatta via via più coesa e sono nati legami, anche se non intimi, tra i giocatori». Nella rete di conoscenze da loro costruita, continua però a mancare l’anello di congiungim­ento con gli italiani. Un aspetto critico, consideran­do che i partecipan­ti al progetto sportivo hanno migliorato la conoscenza della lingua italiana proprio nella prospettiv­a di maggior integrazio­ne nella società ospitante.

Ciordia All’inizio si sono formati piccoli sottogrupp­i omogenei La squadra si è poi evoluta e sono nati legami, anche se non intimi

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In Nba Jorge Gutiérrez in versione Aquila basket e in una delle sue esperienze in Nba con la maglia di Milwaukee

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