«La Festa dell’uva tra tribalismo richiami ancestrali»
TRENTO Per ritrovare il sorriso nonostante la vendemmia critica di quest’anno a Verla di Giovo servirà una Festa dell’uva davvero speciale. E così sarà perché dal 22 al 24 settembre si celebreranno i sessant’anni di questa manifestazione del folklore cembrano, con vari eventi culturali, enogastronomici e sportivi (Corriere del Trentino di ieri). A rendere il tutto ancora più speciale l’imminente pubblicazione di un volume, «Sessanta», che celebra la storia della Festa dell’uva e ne rivela ed esalta i significati socioculturali, etnografici e antropologici.
Per presentare il volume si è tenuto ieri a Trento, nella Sala della Fondazione Caritro, un convegno moderato dal direttore del Corriere del Trentino, Enrico Franco, che in apertura ha inquadrato con un aneddoto il rito cembrano: «Quando da ventenne venni in val di Cembra per un servizio mi dissero: “Se non conosci l’uva della val di Cembra non puoi capire davvero la valle”. Mi accorgo tuttora di quanto sia vero». Dopo i saluti delle autorità cembrane e della Pro loco è intervenuto Andrea Petrella, docente di sociologia presso l’università di Trento: «La festa dell’uva di Verla è una manifestazione creata dal basso, l’espressione della libera scelta di una comunità, lontano da logiche di marketing territoriale e turistico, nella quale agisce un volontariato giovane e attivo che favorisce la coesione sociale, espressione di una componente tribalistica e dei riti iniziatici ad essa legati: un bambino del luogo passa negli anni dall’ammirare i carri al crearli lui stesso assieme ai suoi amici. Ciò che rende tradizionale questa festa — continua Petrella — sono diversi fattori quali la volontà di stabilire una connessione col passato, anche ancestrale, la ripetitività nel tempo e l’unicità rispetto ad altri eventi. Questa manifestazione — conclude — svolge allo stesso tempo una funzione di educazione e intrattenimento che di terapia sociale, essendo una valvola di sfogo per la comunità». Un fattore quest’ultimo evidenziato anche dal sociologo Christian Arnoldi, che individua nella festa oltre all’evento culturale e turistico una ricerca della trasgressione, un superamento degli schemi sociali quotidiani.
Il convegno si è chiuso con gli interventi di alcuni dei sei autori del volume «Sessanta», tra i quali un giovane fumettista, Mattia Franceschini, che nelle sue tavole ispirate da maestri come Jacovitti ha messo in scena il coinvolgimento dei ragazzini nella festa dell’uva, con un linguaggio volutamente comico e parodistico. Perché per quanti significati possiamo attribuirle alla fine stiamo sempre parlando di una bella festa.