IL TRENTINO, LA PRESENZA DEGLI ORSI E UN CONFRONTO SENZA ESTREMISMI
Prima un toro libero di circolare sui sentieri dell’Alpe di Siusi in Alto Adige. Poi, sabato, l’aggressione di un orso a un settantenne in zona laghi di Lamar, in Trentino, ad appena 700 metri di altitudine. So che ne esistono già numerosi, ma forse sarebbe il caso di riempire ancora di più i cittadini e soprattutto i turisti con vademecum contenenti una serie di buone regole, onde evitare tragedie. Dunque campanelli, cani rigorosamente al guinzaglio, nessun movimento falso. D’altro canto, però, bisognerebbe forse rafforzare ulteriormente la presenza dei forestali ed escogitare un modo affinché la natura non debba essere una fonte di ansia per i cittadini che hanno voglia di fare delle escursioni in santa pace. Ho l’impressione che negli anni abbiamo curato molto l’aspetto faunistico senza preoccuparci troppo delle ripercussioni sul rapporto con l’uomo, con chi ama la montagna e vorrebbe viverla in serenità. Spero che la nuova aggressione a opera di un plantigrado faccia riflettere in generale sul piano di ripopolamento avviato anni fa, e che in qualche modo, pur essendoci interessi economici in ballo, si riesca a ridefinire la loro presenza nei nostri boschi. Claudia Pedrotti Dopo l’ennesimo episodio di Terlago appare sempre più evidente che si stanno ricreando le condizioni per le quali nel lontanissimo Ottocento il governo austroungarico fu costretto ad abbattere tutti gli orsi presenti nell’arco alpino e nel Trentino. Il progetto Life-Ursus, ormai di nefasta immagine, non ha voluto in alcuna maniera tenere presente l’impossibile convivenza e coabitazione fra uomo e orso. Attualmente non esiste una precisa anagrafe o una mappa di localizzazione puntuale dei numerosi orsi presenti nel Trentino occidentale, forse molti di più dei supposti 60 esemplari. I cacciatori effettuano ogni anno accurate indagini per la presenza di tutta la selvaggina cacciabile, ma non sono mai stati coinvolti nella questione orso. Pertanto è un fenomeno da chiudere al più presto con metodi decisi ed efficaci per far tornare la serenità e la tranquillità. Marco Gaddo, TRENTO
Gentile signora Pedrotti e caro Gaddo,
Non lo sapevo, ma l’animale più pericoloso da incontrare nei boschi pare essere la mucca. Nel vicino Tirolo, dove non mancano mucche e neppure gitanti alpini, sono stati registrati episodi molto gravi con conseguenze fisiche per le vittime e rischi economici per i contadini, con tanto di processi.
Ciò premesso, la recente aggressione dei laghi di Lamar riapre il delicato rapporto tra il Trentino e il progetto Life Ursus. Provando a ragionare con la testa e non con la pancia, alla ricerca di una soluzione fattibile e non dell’ennesimo palcoscenico per portare a casa una manciata di voti, si può dire che qualcosa va sicuramente rivisto nella gestione del progetto. In tale direzione, sicuramente poter avere autonomia da parte dello Stato sarebbe un passo fondamentale e consentirebbe di muoversi in maniera veloce e decisa. Si dice che Roma sarebbe da sempre favorevole al riguardo, sta di fatto che tutto è bloccato. Oggi qualcosa potrebbe muoversi con l’interessamento del sottosegretario Gianclaudio Bressa e la riunione della Commissione dei 12 che dovrebbe discutere della norma ad hoc per la gestione dell’orso. Su un fatto, però, non bisogna avere tentennamenti: in presenza di animali che si sono dimostrati pericolosi, si deve agire con tempestività attraverso la loro cattura, anche per tutelare la validità del piano di ripopolamento. Il corpo forestale e Claudio Groff, coordinatore del settore grandi carnivori della Provincia, stanno seguendo il progetto Life Ursus con molta serietà. Sul sito della Provincia, infatti, c’è la mappa della presenza degli orsi con tutti i consigli e le regole per una corretta frequentazione dei boschi. Boschi che, va ricordato, non sono dei parchi giochi e tale constatazione vale a prescindere dalla presenza o meno degli orsi. © RIPRODUZIONE RISERVATA