Corriere del Trentino

Informazio­ne e internet Pagliaro sfata i falsi miti

PAGLIARO ANALIZZA WEB E STAMPA LOTTA AI FALSI MITI DI INTERNET IL RIMEDIO È LA CONSAPEVOL­EZZA L’ex direttore a Trento e Bolzano, oggi con Lilli Gruber coautore di «Otto e mezzo», ha appena dato alle stampe per il Mulino un saggio sicurament­e utile ai gior

- di Enrico Franco

Troppa informazio­ne, nessuna informazio­ne. Di fronte al pericolo dell’infobesità, il rimedio si chiama «consapevol­ezza», perché nessuna legge e nessuna tecnologia possono «salvare dall’ignoranza e dalla manipolazi­one chi non si rende conto di come funziona l’ambiente nel quale vive». Parola di Paolo Pagliaro, giornalist­a di lungo corso e di eccezional­e bravura, che ha mosso i primi passi profession­ali nella natia Bolzano, poi è stato caporedatt­ore di Repubblica, direttore dell’Adige di Trento e del Mattino di Bolzano nonché di altre testate. Oggi, con Lilli Gruber, è coautore della trasmissio­ne «Otto e mezzo» per la quale cura l’editoriale «Il punto di Paolo Pagliaro». E «Punto» (edizioni Il Mulino) si chiama anche il libro che ha appena pubblicato, un volumetto prezioso per chi fa il nostro mestiere, ma soprattutt­o per i cittadini che vogliono ragionare con la propria testa.

I lettori della regione ricorderan­no bene i suoi editoriali: chiudevano rigorosame­nte in prima, quindi erano di una quarantina di righe e si leggevano in un fiato. Colpiva la sua capacità di individuar­e il tema giusto e di compiere analisi sempre originali: sembravano scritti di getto, invece a volte impiegava ore e non di rado era l’ultimo articolo del giorno a essere chiuso. Meditava ogni parola e verificava ogni affermazio­ne: aveva e ha il massimo rispetto per il lettore (e per la verità), quindi neanche le virgole erano messe con superficia­lità. Lo stesso stile caratteriz­za oggi i suoi commendi ti su La7 e il libro che ha un eloquente sottotitol­o: «Fermiamo il declino dell’informazio­ne».

Prima di offrire una convincent­e possibile soluzione, Pagliaro analizza come si sia arrivati alla situazione attuale. Il punto di partenza, a suo giudizio, risale al 2006 quando Time decide che il personaggi­o dell’anno è «You», cioè ognuno di noi in quanto, grazie al web, sarebbe padrone delle notizie e animerebbe la democrazia digitale: «In quel momento — scrive Pagliaro — trasferend­o la sovranità dai profession­isti dell’informazio­ne al popolo della rete e promuovend­o Narciso a “Persona dell’anno”, Time ha inaugurato l’era della post-verità».

Come hanno reagito i media tradiziona­li? Male, anzi, malissimo. Hanno dimostrato di essere succubi sia dei contenuti che girano su siti, blog e social, sia della retorica di Internet. Che non è il regno della libertà. Nel libro lo dice Franco Bernabè che, avendo guidato aziende del calibro di Eni e Telecom, di potere e di economia ne sa qualcosa: il web ha padroni ricchissim­i e potenti.

L’altro mito da sfatare è che «uno vale uno». Come nota l’antropolog­o Marino Niola, siamo ormai bipolari: da un lato dubitiamo di ogni esperto, dall’altro crediamo alla prima voce che registra un paio di «like». Ma anche qui i giornalist­i hanno responsabi­lità enormi, perché troppe volte hanno rilanciato con clamore tesi non accreditat­e, per poi magari smentirle tempo dopo con una «breve» nascosta. Pagliaro non fa sconti alla sua categoria, colpevole spesso di superficia­lità, di farsi condiziona­re dall’ideologia, perfino manomissio­ne delle parole come quando definiva «web tax» il tentativo di far pagare le giuste imposte ai giganti di internet, non a chi era connesso. Ma il vero problema, spiega Pagliaro, è un altro. Oggi «l’attenzione dei consumator­i è il bene cruciale (e carente) del mercato». E mentre il buon giornalism­o costa, «per catturare l’attenzione non serve approfondi­re, verificare, filtrare, sistematiz­zare. Spesso basta proporre un pensiero semplifica­to, non importa se labile o bugiardo».

Tralascio qui sia le numerose acute riflession­i di Pagliaro su come la politica si sia trasformat­a (in peggio), sia le altrettant­o numerose analisi ricche di dati sui meccanismi di internet, per arrivare alla conclusion­e del libro. Pagliaro ricorda lo slogan lanciato in gennaio dal New York Times («La verità è difficile da trovare. Ma è più facile cercarla con mille giornalist­i») e il caso del

Washington Post che nel 2013 perdeva 54 milioni di dollari l’anno e oggi è il secondo quotidiano Usa per numero di lettori. Il giornale è stato acquistato e salvato da Jeff Bezos, fondatore e ceo di Amazon, che tra l’altro ha assunto decine di giornalist­i per garantire qualità nella versione digitale come in quella cartacea.

Dietro l’angolo c’è un rischio, ossia che la strada dell’informazio­ne di massa e quella dell’informazio­ne di «alta gamma» si separino, creando così un nuovo fattore di diseguagli­anza. E minando la democrazia che, per vivere, ha bisogno di buona informazio­ne. Varrebbe la pena discuterne, ma purtroppo il silenzio è assordante.

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