Chiesa non neutrale
La pluriennale neutralità della Chiesa, sull’angosciante e delicato tema dell’immigrazione, è stata clamorosamente interrotta da un sorprendente attacco al governo, alla Lega e alla politica italiana.
Papa Francesco in uno dei suoi primi interventi, disse: «Come mi piacerebbe una Chiesa povera per i poveri!» e più recentemente, che «è un atto di guerra respingere gli immigrati». Gli fa eco monsignor Nunzio Galatino: «Sull’immigrazione sentiamo affermazioni insulse di piazzisti da quattro soldi che parlano pur di prendere voti», riferendosi a Matteo Salvini della Lega e a Beppe Grillo del Movimento 5 stelle. E ancora: «Migranti, il governo è assente».
Nondimeno, è nella lectio degasperiana 2015, letta dal presidente della Fondazione Alcide De Gasperi a Pieve Tesino, che il segretario generale della Cei tira il colpo di fioretto all’attuale politica italiana: «Un puzzle di ambizioni personali all’interno di un piccolo harem di cooptati e di furbi».
Ammonisce ed esorta i laici cattolici che militano in politica a non avere il freno a mano tirato, a offrire al Signore il meglio dell’intelligenza e dello sviluppo economico e tecnologico. Salva solo Romano Prodi, alla faccia dei numerosi politici presenti, che si sono spellate le mani in un’adulante applauso.
Se i messaggi dell’attuale pontefice sono spesso inusitati e forse proprio per questo affascinano le folle, quelli del capo dei vescovi sono più orientati alla propaganda di un’interdipendenza tra la solidarietà che gli esseri umani sono chiamati ad avere tra loro e quella che devono avere con la natura, nell’aut aut tra homo sapiens e homo demens. In questa direzione è anche la dichiarazione di solidarietà con «quanti si organizzano e lottano per superare l’ingiustizia» pronunciata da Francesco nel recente discorso tenuto in Bolivia.
Certo, al netto di ogni ventilata restaurazione della teologia della liberazione, vi è più di qualche sospetto che le reiterate, veementi affermazioni di monsignor Galatino, francamente sopra le righe e tutte a vantaggio del consenso politico proprio delle sue vittime, siano la reazione a qualche nervo scoperto nel grande affare dell’accoglienza degli immigrati, a partire dalla capitale.
I diritti dell’uomo sono prepolitici, inviolabili, non negoziabili, però non devono essere compensati all’interno di una comunità autoctona togliendo, privando e determinando squilibri di convivenza sociale.
Maurizio Petrolli,