Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
«Alunni traditi» Preside no Dad annuncia la resa
Gerardo Marchitelli dirige il comprensivo «Duse»
BARI Gerardo Marchitelli, preside dell’Istituto Comprensivo statale «Eleonora Duse» di Bari, il più grande della città, 1600 alunni, tra classi di infanzia, elementari e medie: dopo aver sostenuto per mesi che la didattica a distanza, seppure integrata, non è scuola e invitato le famiglie a far frequentare in presenza i propri figli, adesso fa l’appello inverso: chi può resti a casa. Preside, getta la spugna?
«Il fatto è che sono molto amareggiato. Ho anche ricevuto mille offese per aver difeso e descritto la scuola come luogo sicuro».
Non lo è più?
«Purtroppo no. Negli ultimi venti giorni è un continuo comunicare al dipartimento di prevenzione i contagi. Ma non è colpa della scuola. Dovevano essere gli adulti a difenderla con i loro comportamenti corretti».
In che senso?
«Nel senso che a renderla insicura ormai sono gli innumerevoli erronei comportamenti sociali fuori dalla scuola e che hanno reso inutile ogni misura di prevenzione e di sicurezza. Anche la casistica lo dimostra».
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Cioè?
«Oltre un centinaio di casi riguardano bambini allontanati da scuola perché i genitori sono positivi e quindi devono osservare con loro la quarantena. Una ventina sono bambini risultati positivi al virus con tutto il nucleo familiare. Sinora non c’è stato un solo caso, su 1600 studenti, che sia risultato positivo e quindi presumibilmente contagiato in classe, mentre la famiglia a casa era negativa al Covid. Insomma sono gli adulti ad essere venuti meno».
Quindi restare a casa è la soluzione?
«Chi può, deve farlo. Attualmente alla Duse seguono le lezioni in presenza circa il 90% dei bambini della scuola dell’infanzia ed elementare, e il 30% degli studenti della media. Ho cercato di lottare il più possibile per farli restare tra i banchi. Continuo a pensare che dad e did siano forme didattiche che registrano scarsissimi risultati di apprendimento in alcune fasce di età e che i più deboli siano maggiormente penalizzati, tanto da registrare un tasso di dispersione molto alto, con sforzi di inclusione vanificati. Ma con la variante inglese che avanza oggi nessun luogo è sicuro. Anche la scuola. Perché tutto attorno non c’è sicurezza. E anche il metodo di tracciamento dei contatti stretti non funziona».
Si spieghi meglio.
«Io comprendo che i dipartimenti siano oberati e che ci siano pochi mezzi. Però, se di fronte ad una positività, si richiede solo il tracciamento di una classe, nonostante un docente, per ovvie ragioni insegna e ha più ore in diverse classi, allora alzo le mani».
Cosa si attende da chi ha in mano la gestione dell’emergenza sanitaria?
«Se c’è da chiudere, bisogna chiudere tutto. Non solo la scuola. Restare a casa è una soluzione amara, ma di fatto anch’essa non sicura, visto l’andirivieni dei genitori dal lavoro che spesso non può essere fatto da remoto, ma soprattutto delle passeggiate di gruppo per la città dei fratelli e sorelle più grandi di età. Ho l’impressione che non ci sia consapevolezza della gravità della situazione».
Da giorni è un continuo comunicare di contagi Ma non è colpa nostra
Dovevano essere gli adulti a difenderci con i loro comportamenti