Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
File al botteghino per Zalone Ma il film divide il pubblico
E c’è chi spera di vederlo in sala, ma lui non c’è
Checco Zalone mette tutti in fila al botteghino. Code, ieri pomeriggio e in serata, davanti ai cinema pugliesi, per Tolo Tolo, il film che segna il ritorno del comico da 65 milioni di euro. Ma c’è stato anche chi non è andato a dormire per assistere all’anteprima notturna del film arrivato quattro anni dopo Quo Vado, pellicola che aveva fatto registrare incassi record. Ci sono state proiezioni subito dopo il brindisi di mezzanotte in alcune sale, tra cui il Galleria di Bari, dove si è sperato sino all’ultimo che Zalone facesse capolino, e a notte inoltrata, come al Cineteatro Orfeo di Taranto, dove il film è iniziato all’1.30 per terminare poco meno di due ore dopo.
La nuova sfida di Luca Medici, qui anche regista al debutto, è un film sul razzismo costruito intorno alla storia (suggerita da Paolo Virzì) di un imprenditore pugliese in fuga dai debiti (e dai familiari) e per questo costretto a riparare in Africa, dove prova a ricominciare come cameriere in un resort che verrà attaccato dai terroristi. Così Checco, affetto da rigurgiti di fascismo pari a risorgenze ataviche e da un provincialismo stavolta un po’ meno sgrammaticato nel confrontarsi con il diverso da sé, inizia un’altra fuga, ma al contrario, sulla rotta dei migranti, verso l’Italia. L’Italia di oggi raccontata percorrendo l’Africa, da un villaggio sperduto del Senegal attraverso il deserto sino a un centro di detenzione in Libia, prima della traversata del Mediterraneo dentro un barcone carico di disperati e il salvataggio da parte di una Ong. Ingredienti sufficienti per parlare di film politico, ma politicamente tutt’altro che scorretto, che spazza via accuse di razzismo e endorsement sovranisti. Non è nemmeno un film di sinistra.
Tolo tolo è semplicemente un film nello stile di Zalone, che regala al pubblico una telefonata-cameo con Nichi Vendola (quello vero), immortalato nel proprio inarrestabile eloquio in una sorta di parodia presa in prestito dal suo stesso imitatore.
Per le battute e le situazioni si sorride, ma si ride di meno rispetto ai film diretti da Gennaro Nunziante, regista capace di maggiore cinismo. «È vero, ma proprio per questo l’ho trovato un film più coraggioso rispetto ai precedenti», dice Antonio alla fine della proiezione tarantina. Sulla stessa linea Gaetano: «nella sua leggerezza - spiega - Tolo Tolo risulta più impegnato, perché dice chiaramente da quale parte stare». E se Maria parla di «fotografia perfetta della nostra Italia», Paola nutre qualche dubbio sulla tenuta complessiva del film: «mi sembra il meno riuscito», sentenzia un po’ delusa.