Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Caos alloggi popolari: l’abusiva libera la casa e la cede a sua figlia
Si dichiara in «imbarazzo» mentre racconta che «la signora per cui fino a poco tempo fa noi spendevamo a fondo perduto, e non so come abbia fatto, è stata destinataria di un alloggio comunale. Lei è uscita (dall’appartamento abusivo, ndr) ed è entrata la figlia». Parla Giuseppe Zichella, amministratore unico di Arca Puglia, ascoltato dai componenti della commissione consiliare Pari opportunità a Palazzo di Città.
Sul tavolo finisce il caso di via Candura 36, al San Paolo, la palazzina dei “reclusi vivi”, gli inquilini da 50 giorni senza ascensore. La signora di cui Zichella riferisce in commissione è l’abusiva che da vent’anni occupa la sala condominiale al piano terra: entrata nella graduatoria del Comune di Bari per l’ottenimento di un alloggio popolare, lascia la casa abusiva alla progenie. «Il Comune dovrebbe fare una serie di approfondimenti», ammette. Ma questa è solo una delle storture di un sistema cui è stato consentito di radicarsi nel tempo. «Le cose che stiamo leggendo oggi sui giornali – spiega il vertice di Arca Puglia - sono la fase finale di una situazione che si è trascurata e che è difficile affrontare».
Proviamo a spiegare: ciò a cui oggi ci si riferisce col termine «abusivismo» ingloba in sé stratificazioni e livelli di differente profondità. Se già col termine abusivo si indicano
tanto i morosi legittimi assegnatari quanto coloro che occupano – pur non avendone titolo alcuno – appartamenti di proprietà pubblica, finiscono nel calderone anche le famiglie che vivono in case create erigendo muri sotto i portici dei palazzi. Per questi ultimi si profilano situazioni più delicate: «Quando si tratta dell’alloggio c’è l’abitabilità – spiega Zichella e quindi la possibilità di viverci, nell’altro caso no. Sono tutti soggetti sconosciuti agli archivi Arca, di cui non sappiamo nulla e cosa tengono all’interno di questi contesti». E il caso dell’arsenale trovato in uno degli appartamenti Erp sgomberati a San Pio qualche settimana fa, durante un’operazione dei carabinieri di Bari, dovrebbe far riflettere. Ma del fenomeno esiste un livello ancora più profondo, perché al di sotto di situazioni di diffusa illiceità se ne potrebbero nascondere altre di fragilità sociale. E pensare di risolvere il problema dell’abusivismo esclusivamente buttando fuori le persone dalle case potrebbe non solo diventare una bomba sociale, ma crearne un altro di ordine pubblico.
Non a caso «l’Arca non può essere lasciata sola», sarà la frase ripetuta più spesso da Giuseppe Zichella. Ma esiste – in realtà – un altro ordine di problema, neanche troppo trascurabile. «Noi non abbiamo risorse – ammette - guardiamo anche il lato finanziario». E garantire l’equilibrio economico della struttura, con milioni di euro da corrispondere, potrebbe non essere così semplice. Su un punto Arca Puglia rimane inamovibile: «Non c’è legge nazionale o regionale che possa garantire una copertura con fondi pubblici per soggetti che compiono illeciti», spiega Zichella. Qualcosa però comincia a muoversi: «Ho avuto assicurazioni dal prefetto che si sta avviando un tavolo» annuncia. Nei prossimi giorni, poi, l’incontro con il sindaco di Bari Antonio Decaro e l’assessore al Patrimonio Vito Lacoppola.
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Giuseppe Zichella, Arca Puglia
Sono in imbarazzo, il Comune dovrebbe fare approfondimenti