Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Chi decide e come si decide «L’elogio della sovranità politica» di Biagio De Giovanni
Nel saggio «Elogio della sovranità politica» Biagio de Giovanni indaga il potere «Chi decide e come si decide, la difficoltà di trovare i soggetti rafforza gli squilibri»
Biagio de Giovanni, il suo nuovo saggio filosofico si intitola Elogio della sovranità politica. Comincerei allora l’ intervista parafrasando il vecchio Karl Marx: «Uno spettro si aggira per l’Europa, lo spettro della sovranità».
«Non nascondo che una delle ragioni per le quali questo argomento è tornato al centro del mio interesse sta nel fatto che nel processo di integrazione europea il tema della sovranità (dello Stato, del popolo) è messo in discussione senza che si sia trovato un modello politico in grado di superarla. Idealmente, proseguo l’indagine avviata nel mio precedente tes to, Alle origini della
democrazia di massa: la sovranità non si sa più dove sia, che cosa è diventata, chi decide e come si decide; e in questa fibrillazione generale impera un tendenziale disordine, nel quale la difficoltà di individuare i soggetti che decidono a livello sovranazionale dà forza agli squilibri. Così, mentre gli Stati più forti tengono in mano il gioco, si mette in discussione la stessa democrazia politica. Sì, nel vuoto si aggirano spettri: e per me – al contrario di tanti critici della sovranità sedotti dalla tentazione cosmopolitica, per i quali mettere in discussione la sovranità esalterebbe i diritti – la crisi della sovranità coincide con la crisi della politica, e questa coincide con la crisi della democrazia».
La sua tesi, esplicitata dalla copertina del libro su cui campeggia l’esecuzione di Carlo I d’Inghilterra tratta da una stampa popolare, è che la sovranità nasce con la decapitazione del sovrano. Un paradosso?
«Tutt’altro. E’ la sovranità che decapita il sovrano. La decapitazione di Carlo I nel 1649 e quella di Luigi XVI nel 1793, due momenti di nascita della sovranità moderna: non è il dispotismo, ma la mediazione che irrompe nella società moderna».
Lei “gioca” Hegel contro i critici della sovranità.
«Questo è il passaggio fondante del libro: rispetto a tutte le potenze che emergono nella società moderna, la sovranità politica è il grande sistema entro il quale esse incontrano la capacità di coesistere. Invece tutto il Novecento è attacco alla sovranità, come se distruggere la dimora della sovranità liberi i diritti umani».
Ma non è proprio la sovranità all’origine delle tragedie del Novecento?
«Nel libro separo radicalmente volontà di potenza e sovranità: più cade la sovranità (dunque la mediazione), meno sono tutelati i diritti. Io ce l’ho con questo costituzionalismo irenico in cui i diritti si sostituiscono alla politica, dove a risolvere i problemi restano solo le corti di giustizia. La giuridificazione (che brutta parola) della politica arresta il diritto».
Potrebbero sembrare concetti astratti, invece stiamo parlando (anche) di attualità. Di Europa.
«Certo. La crisi del tentativo di costruire una democrazia sovranazionale oltre gli Stati nazionali si spiega con fatto che la democrazia ha vissuto nel recinto della sovranità. Nel momento in cui questi nessi si dissolvono verso l’ultra-Stato, o lo ricostruisci politicamente, o è il caos. Ovvero, la vittoria degli Stati più forti».
Nella sua «storia filosofica» della sovranità lei arriva a Hegel attraverso Bodin, Hobbes, Rousseau. Ma dà anche spazio ai pensatori che alla sovranità hanno riservato strali acuminati.
«Per elogiare la sovranità è necessario mettere in evidenza le ragioni dei suoi critici: Nietzsche, Marx e Foucault hanno denunciato, ciascuno nel proprio campo d’interesse, ciò che la sovranità secondo loro escludeva (per Nietzsche il corpo, per Marx la forza-lavoro, per Foucault i poteri diffusi). Coglievano un problema reale, ma conducendolo a un punto così estremo da spingere la società verso il caos, verso l’impossibilità di governo. Così oggi i costituzionalisti: nell’ansia di liberare la società dall’arbitrio della decisione politica, i diritti restano privi di tutela. Liberare il diritto dalla politica equivale ad annullare tutti i diritti. Fino a giungere alla grande anomia globale».
C’è un ultimo punto su cui interrogarsi: siamo poi davvero sicuri che la sovranità si sia estinta? Oppure sopravvive in forme post-moderne e difficili da individuare?
«I sovrani esistono, sono tanti, dispersi, conflittuali, competitivi: penso ai grandi imperi economici, alle corti di giustizia, agli arbitrati. Ma nel mondo globale c’è dialettica fra sovranità e nuovi sovrani. Insomma, le macerie del “vecchio mondo” non sono solo macerie. Non sono un catastrofista, non penso come Cacciari o Severino che la tecnica stia distruggendo il mondo. Ne riconosco i meriti. Ma la globalizzazione produce anche, per reazione, il suo contrario: fondamentalismi, integralismi, ritorni alle “piccole patrie”. Quel che finisce è l’equilibrio della sovranità politica, la mediazione di cui parlava Hegel. Si dice sempre, con un’espressione un po’ retorica, che “la sovranità appartiene al popolo”. Ma non si capisce più dove e cosa sia diventato questo popolo. Stiamo andando verso una democrazia senza demos?»