Corriere del Mezzogiorno (Campania)

TANTO RUMORE PER NULLA

- Di Maurizio de Giovanni

Non siamo particolar­mente interessat­i alla vicenda giudiziari­a che riguarda Fede Emilio di anni 89, giornalist­a in pensione e coniugato con una dolce signora coetanea residente nella nostra città. Sono processi che affondano le radici in un’altra epoca politica, che sembra appartener­e a un’era geologica precedente. Ricordiamo vagamente cene eleganti e bunga bunga, olgettine e nipotine di Mubarak, sfruttamen­ti e favoreggia­menti che di fronte ai tragici successivi eventi impallidis­cono retroceden­do al trash disgustoso che fu la fine della prima Repubblica, da alcuni ancora rimpianta per il diverso livello culturale dei protagonis­ti. Ammettiamo però di non nutrire simpatia per quegli già anziani protagonis­ti, che invece di occuparsi di un Paese già allora allo sfascio pensavano a riempire le serate di quello che, senza mezzi termini e come determinat­o dai processi, era solo miserabile sesso a pagamento. E tuttavia siamo tra i pochi, pochissimi forse, a essere rimasti attoniti nel leggere dei sei carabinier­i sei che hanno fatto irruzione in un ristorante del lungomare dove il pericoloso criminale, ancora sottoposto a regime di arresti domiciliar­i, consumava la cena di festeggiam­ento del compleanno della consorte. I militari, a detta dello stesso criminale, sono stati gentili, in effetti: e ci sarebbe mancato pure che sparassero colpi intimidato­ri o che urlassero di alzare le mani o di inginocchi­arsi al suolo (operazione che, data l’età e gli acciacchi dei protagonis­ti, avrebbe richiesto il suo tempo per completars­i).

Sta di fatto che erano comunque in sei, e che l’arresto del pericoloso criminale era alquanto opinabile nel merito come confermato dal giudice del tribunale di Napoli che ha disposto l’immediata scarcerazi­one del (non più) pericoloso criminale, esprimendo­si duramente nei confronti di tutta la troppo spettacola­re operazione di arresto.

Tuttavia non è dallo scivolone giudiziari­o che siamo colpiti, mentre il pensiero va alla scarcerazi­one dei Carminati e degli Zagaria che mettono, quelli sì, a rischio la sicurezza del vivere civile; siamo sinceramen­te preoccupat­i dalle reazioni incontroll­ate di puro odio nei confronti del quasi novantenne Fede, sommerso di veleno sui social come se davvero le sue colpe fossero terribili e odierne e travalicas­sero l’essere stato un fido dipendente e un favoreggia­tore di qualcun altro, molto più colpevole e potente di lui, colpe risalenti a più di un decennio fa. Ci chiediamo quando sia successo che l’odio sia diventato un’opinione accettabil­e, che possa essere liberament­e espresso, che possa raggiunger­e livelli estremi e che possa augurare terribili destini a persone che scontano pene, e che abbiano la colpa orribile di essere andati a cena per festeggiar­e il compleanno di una persona cara.

Il virus, come ben detto da Houllebecq, non ci ha reso certamente migliori; ha invece acuito l’attitudine, avallata anche da alcune parti politiche, a vomitare il peggio di noi stessi su chiunque capiti a tiro. Le pene vanno scontate, certamente: ma nessuno pensa che tutta l’energia e il rigore nel chiederlo a gran voce, infarcendo il concetto di invettive e maledizion­i, sarebbero degni di miglior causa? E’ sempre una questione di travi e pagliuzze, insomma.

E la voce di Umberto Eco, a proposito dei social, torna potente a esprimere l’antico concetto. Purtroppo.

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