Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Pandemia, trentatremila posti di lavoro in meno
Rispetto alla media nello stesso periodo del 2019 il totale degli occupati è calato a 1 milione 615 mila
NAPOLI Trentatremila campani in meno hanno un posto di lavoro a fine marzo di quest’anno, quindi in piena pandemia: rispetto alla media del 2019, quando erano un milione 648 mila gli occupati nella regione, al termine del primo trimestre 2020 sono calati a un milione 615 mila. Il vero indicatore da tenere d’occhio in questi mesi è proprio il totale degli occupati.
Pur se tutte le fredde analisi statistiche che l’Istat fa periodicamente offrono una lettura interessante su come il Covid-19 stia incidendo nella carne viva del tessuto economico e sociale di un territorio già in crisi prima del diffondersi del coronavirus.
Nella regione, alla fine del primo trimestre dello scorso anno, il tasso di occupazione tra 15 e 64 anni era 41,1%, a fine marzo 2020 è calato al 40,9%. Sulla media del 2019 la percentuale campana di lavoratori era ancor più elevata, toccando il 41,5%.
Dramma femminile Particolarmente grave appare la situazione delle donne: nella media del 2019 ne erano occupate 589 mila, a marzo di quest’anno 574 mila, ben 15 mila in meno. Dal che si deduce chiaramente che la maggior parte dei posti di lavoro persi erano in precedenza occupati da manodopera femminile. Illuminante è la statistica sulle forze lavoro regionali, data dalle persone occupate e da quelle in cerca di occupazione, che coincide quindi con la popolazione attiva: in Campania erano 449 mila alla fine del primo trimestre 2019, sono calate a 379 mila al 31 marzo di quest’anno, con una caduta di 70 mila unità. Nel 2019 si stimava una forza lavoro attiva nella regione, pur aggiungendo ai numeri certificati dall’Istat quelli di previsione dell’occupazione irregolare, che si aggira attorno ai 2.060 mila posti di lavoro. Di questi sono a rischio quasi il 16%, come emerge dall’analisi del rapporto tra andamento del Pil e tassi di occupazione negli ultimi 5 anni. L’autunno difficile
I disoccupati che cercano attivamente, escludendo quindi gli inattivi, sono al 31 marzo 2020, 379 mila, erano 413 mila nella media dello scorso anno, 34 mila in meno. Ancora una volta la Campania detiene il triste primato italiano della disoccupazione. Colpisce molto il dato degli inattivi, coloro che non studiano, non lavorano e soprattutto sono scoraggiati al punto da non cercarlo nemmeno più: erano un milione 843 mila nella media del 2019, sono aumentati a un milione 888 mila a fine marzo di quest’anno. Dietro i tassi di disoccupazione ai minimi, nonostante la crisi, si celano oltre all’aumento degli inattivi, il boom della cassa integrazione. Anche in assenza di una nuova ondata pandemica, la sfida sarà evitare in autunno un’impennata dei licenziamenti. L’andamento
Se poi si esamina il trend dei diversi settori produttivi, si nota che nella regione tra la fine del primo trimestre 2019 e la fine del primo trimestre 2020, quindi, a dodici mesi di distanza, i posti di lavoro in meno sono 15.800. Il comparto che ha perso di più è stato quello dei servizi, ben 26 mila in meno, l’agricoltura 1.300 in meno, l’industria e le costruzioni, invece, sono andate in controtendenza, registrando un aumento degli occupati, che ovviamente, e ciò spiega l’andamento positivo, comprende anche tutti coloro che sono stati messi a cassa integrazione guadagni.
Per questi motivi giovedì 25 giugno si terrà una manifestazione nazionale a Roma indetta da Fim, Fiom e Uilm, per chiedere al governo di intervenire rapidamente al fine di risolvere le crisi industriali nella siderurgia, automotive, elettrodomestico, anche mettendo in piedi un piano straordinario per l’occupazione. E la vertenza Campania sarà al centro di questa giornata di protesta.