Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Machiavelli «liberato» dal machiavellismo
Niccolò Machiavelli. Ragione e pazzia (Laterza) di Michele Ciliberto è un gran libro: per dottrina, acume e desiderio di lasciar dialogare i testi del Segretario Fiorentino con i coevi e con i posteri.
Emerito di Storia della Filosofia alla Normale, Accademico dei Lincei, l’autore è un ottimo legno napoletano trapiantato nel terreno fiorentino: alla scuola di Eugenio Garin, che ne ha irrobustito il tronco storicistico con salutari iniezioni di filologia, di rispetto vale a dire per le minime sfumature dei testi, indispensabili architravi per la costruzione di ipotesi storiografiche e teoriche non peregrine.
Ne segnalo alcune: con l’imperizia del dilettante e la passione di chi, per quasi trecento pagine, ha partecipato al dialogo di Niccolò con sé stesso, con la tradizione umanistica, con noi uomini del XXI secolo; dopotutto, un classico non rimane il contemporaneo del futuro? Lo sganciamento di Machiavelli dal machiavellismo che, pur restando un notevole e plurisecolare momento della storia culturale europea, impedisce spesso di cogliere la possente carica visionaria del realismo machiavelliano, quasi un anticipo della chiusa della Politica come professione di Max Weber a proposito del possibile realizzato solo a partire dall’impossibile che ci si prefigge, o si viene costretti, di realizzare. La feconda dialettica tra vita ed opera, nella cornice di una concezione che fa della politica l’arte umana per eccellenza e dello studio vivo, non antiquario, l’unico modo di cui dispone un politico accanitamente impegnato nelle cose pubbliche, quale fu Machiavelli, per chiarire cause e prospettive di vittorie, poche, e sconfitte, parecchie. E poi la teatralità di Machiavelli, tanto cara a Gramsci, che non significa solo apprezzamento per quel capolavoro intitolato La Mandragola ma sta per dimensione agita e rappresentata della parola, contrassegno etico e stilistico altissimo del talento pedagogico di Niccolò. Finendo
con una complessiva fisionomia di Machiavelli morfologo della crisi, saturo di metafore biologiche tipiche di tale attitudine dello sguardo: della crisi di Firenze, dell’Italia, dell’ Occidente.
Moderno, però moderno in modo meno lineare di come certi esegeti modernizzanti lascino intendere. Moderno come Bruno: l’altro autore di Ciliberto, il cui mai rassicurante storicismo è napoletano in una maniera che mi piace assai.