Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Più di tremila posti di lavoro creati per i percettori del Reddito»
L’Anpal, guidata da Domenico Parisi, fa sapere che si tratta per i due terzi di uomini
Sono 3445 in Campania e 3282 in Puglia i percettori del Reddito di Cittadinanza che hanno avuto un lavoro a fine 2019.
L’Anpal, guidata da Domenico Parisi, fa sapere con meticolosa puntualità che sono per due terzi uomini e per un terzo donne. E che se oltre il 67%, quindi la stragrande maggioranza, ha firmato un contratto a tempo determinato, in Campania su 100 assunti 30 ne hanno uno stabile, la più alta quota tra tutte le regioni.
Restando all’arido ma prezioso elenco dei numeri, basta metterli a confronto con il dato dei beneficiari dell’assegno di mantenimento — in Campania 537.218, in Puglia 222.579 — per rendersi conto, cifre alla mano, che si tratta davvero di percentuali infinitesimali. Meno dello 0,50% nella prima, l’1,5% nella seconda delle due regioni. Pur con l’attenuante che il 2019 è stato il primo anno di applicazione della legge fortemente voluta dai 5 Stelle.
In ogni caso, in due regioni come Campania e Puglia, dove le recenti vertenze hanno messo in discussione migliaia di occupati nell’industria, Ilva di Taranto, Bosch di Bari, Whirlpool di Napoli, Jabil di Caserta, tanto per citare solo i casi più macroscopici, ma anche nei servizi, con le recenti chiusure e ridimensionamenti di grandi poli di distribuzione commerciale come Auchan e Mercatone Uno, nelle banche, nel mondo agricolo, riuscire a reperire in un colpo solo 6.700 posti di lavoro non è poca cosa. E dimostra che, nonostante le critiche alle loro lentezze burocratiche, i servizi per l’impiego al Sud riescono a intercettare domanda e offerta di occupazione.
Provando a tracciare un primo, pur sommario, bilancio del Reddito di Cittadinanza a fine 2019, dopo un anno di rodaggio, si può trarre una conclusione: coloro che l’avevano propagandato ai quattro venti come misura per far sparire come d’incanto la povertà e per creare nuovo lavoro, oggi hanno di che ricredersi. Primo, gli indigenti e gli emarginati non sono un capitolo chiuso, anzi, ma certo l’assegno di mantenimento sta offrendo loro un supporto economico che li aiuta nelle vita quotidiana.
Il vero nodo da affrontare adesso, come chiedono all’unisono Alleanza contro la Povertà, Caritas e Svimez, è che non basta solo il sussidio monetario, se non viene integrato da misure che garantiscano pari accesso ai diritti di cittadinanza, a cominciare dai servizi pubblici indispensabili, a tutti, indipendentemente da dove si viva, al Nord o al Sud, in una grande città o in un piccolo paese.
In un’Italia profondamente diseguale è indispensabile compiere quest’altro passo in avanti.
Secondo, l’obiettivo di trasformare il Reddito di Cittadinanza in uno strumento di politica attiva del lavoro è miseramente naufragato. Come peraltro aveva con franchezza ammesso lo stretto Presidente dell’Inps Pasquale Tridico in una intervista a L’Economia del Mezzogiorno di qualche settimana fa, nella quale aveva spiegato come «il lavoro si crea con gli investimenti, pubblici e privati. Le politiche attive del lavoro lubrificano, ed anche il Reddito, facilitano l’incontro tra domanda ed offerta, ma esse stesse non lo creano».
Pur se non si può non tenere conto dei dati dell’Ufficio Parlamentare del Bilancio, snocciolati dal direttore Alberto Zanardi in Senato: sono non più del 40% i fruitori dell’assegno di mantenimento in grado di essere occupati subito. C’è poi un altro 46% escluso da qualsiasi obbligo lavorativo e il restante 14% che non è immediatamente attivabile per un’occupazione.