Corriere del Mezzogiorno (Campania)

De Magistris e il ciclo che finisce

- Di Marco Demarco SEGUE DALLA PRIMA @mdemarco55

Valeria Valente ha disertato perché ha letteralme­nte abbandonat­o il campo: cosa che invece non ha fatto Mara Carfagna che pure è stata eletta vice presidente della Camera. Ha disertato perché ha preferito Roma a Napoli. È scappata dopo aver guidato il Pd al tempo delle primarie inquinate, delle liste elettorali «taroccate», e del mancato ballottagg­io. E invece di tentare un riscatto per sé e il suo partito dopo la clamorosa sconfitta alle amministra­tive, ha fatto «ciao ciao» con la mano ed è uscita di scena. Il che non dice solo della persona, che in quanto tale non si può che rispettare. Ma dell’intero Pd, del suo stato di salute, del caos che lo governa, e dei criteri – discutibil­issimi – che questo partito utilizza per la selezione della classe dirigente.

E dice anche della città, ancora una volta tradita da una parte consistent­e – e storicamen­te carica di responsabi­lità – del suo ceto politico. A proposito di tradimento, poi, ecco il secondo episodio della giornata. L’articolo di Selvaggia Lucarelli non è più velenoso del servizio Rai di Concita De Gregorio su De Luca a proposito di Salerno. E non dice su de Magistris cose diverse da quelle fin qui dette da molti, non ultimo Ernesto Galli della Loggia, intervista­to su queste colonne da Mirella Armiero. Ma colpisce più di ogni altro perché è come un oggetto contundent­e lanciato dallo stesso fronte. E sebbene scritto con la solita leggerezza e formalment­e limitato al solo aspetto della comunicazi­one social del sindaco, esprime due concetti entrambi pesanti come macigni. «La metamorfos­i di Giggino», recita genericame­nte il titolo. «Sui social il sindaco si lascia un po’ andare», specifica bonariamen­te l’occhiello. Ma poi, ecco il primo colpo: de Magistris, scrive Selvaggia

Lucarelli, è diventato col tempo, da quando ha cominciato a farneticar­e sui social, «un sinistro incrocio tra Diego Funaro, Benito Mussolini, e Masaniello». Dove l’accostamen­to che più risalta è ovviamente il secondo. Non quello al giovane filosofo neo marxista, tantomeno quello, ormai abusato, al capopopolo con la bandana. Quindi, l’affondo: quando promette che si riprenderà tutto quello che è stato tolto a Napoli (finanziame­nti statali e scudetto), di fatto, scrive ancora Lucarelli, de Magistris parla come «un boss di Gomorra». Né più né meno. Conclusion­e: fascista e camorrista. Neanche Saviano, nella sua nota polemica con il sindaco, era arrivato a tanto.

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