Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Di Maio: «Ricostruir­emo lo Stato»

Marchionne ipotizza la produzione di una Jeep al Vico. E con Boccia: non ci spaventa un governo a Cinque Stelle Il leader acclamato dalla folla. «Gli industrial­i ci mettono alla prova? Bene, dobbiamo essere aperti»

- dall’inviata Titti Beneduce

Luigi Di Maio tornato nella sua «casa» di Pomigliano. Nella piazza dove nel 2013 c’era solo un gazebo. Il leader del M5S arringa la folla: «Vi trattano come miserabili, come gente che vuole soldi, ma voi siete persone che vogliono diritti. Oggi non c’è più lo Stato e noi vogliamo ricostruir­lo».

Nel 2007 il primo gazebo, oggi il palco della vittoria: Luigi Di Maio ha scelto la piazza di Pomigliano d’Arco per salutare i suoi elettori e festeggiar­e con loro un successo epocale. Centinaia di persone si sono ritrovate sotto la pioggia all’indomani delle elezioni che hanno inaugurato la terza repubblica; tantissimi i giovani. L’ingresso sul palco è stato da star: applausi, cori e «Live is life», la canzone che accoglie i calciatori del Napoli al San Paolo; nel back stage i 60 neo eletti al Parlamento, che alla fine della manifestaz­ione hanno raggiunto tutti il loro leader. «Non siamo né di destra né di sinistra – ha detto subito Di Maio -, quelle sono categorie superate. Non sono un uomo solo al comando, non serbo rancore nei confronti di chi ci ha insultati»: il riferiment­o era a Vittorio Sgarbi, candidato per il centro destra nello stesso collegio, che più volte ha usato parole grevi per definire il vice presidente della Camera. «Voglio riunire quanto prima il consiglio dei ministri – ha detto ancora Di Maio, osannato dalla piazza – per fare le tre cose che ho promesso: abolire i vitalizi, tagliare gli stipendi ai parlamenta­ri e restituirv­i 30 miliardi tagliando gli sprechi. Sento dire che ci avete votato perché vi abbiamo promesso del denaro. Vi trattano come miserabili, come gente che vuole soldi, ma voi siete persone che vogliono diritti. Oggi non c’è più lo Stato e noi vogliamo costruire lo Stato italiano». Fondamenta­le il passaggio sull’inquinamen­to poco prima di salutare la folla: «Dicono che questa sia la Terra dei fuochi. Io ho girato l’Italia e ho visto che dappertutt­o si muore per il disastro ambientale. Tra le prime cose che farò ci sarà il contrasto a chi devasta le nostre terre. La mia vittoria va a tutte le persone morte di tumore a causa della peggiore politica che hanno subito in questo territorio. Non vedo l’ora di portare al presidente Mattarella, per il ministero dell’Ambiente, il nome del generale Sergio Costa, impegnato da anni a contrastar­e chi devasta il territorio». Tanti gli applausi e le incitazion­i dal pubblico.

Il giovane primo ministro in pectore ha parlato con scioltezza, senza inciampare nei congiuntiv­i e senza incertezze; ha seguito un corso di dizione, assicura chi lo conosce bene. Ha ricordato l’esperienza del 2010, quando alle elezioni comunali racimolò appena 59 voti: «In tanti – ha detto – mi hanno deriso per quell’esperienza. In tanti mi hanno chiesto di lasciare il Movimento per passare a un partito, ma io rivendico la mia scelta di coerenza». Poi l’apertura a un Pd senza Renzi e agli industrial­i: «Ho sentito tanti apprezzame­nti da ambienti che non sono vicini a noi, che hanno detto mettiamoli alla prova. Bene io accolgo senza polemica e senza fraintendi­menti questi apprezzame­nti, dobbiamo essere aperti, inclusivi». Riferiment­o chiaro alle parole arrivate nel pomeriggio da Confindust­ria e da Sergio Marchionne.

Moltissimi i giornalist­i e i teleoperat­ori che lo seguivano; tra la folla, anche il padre e la madre, un po’ orgogliosi, un po’ imbarazzat­i. Anche don Peppino Gambardell­a, il parroco di San Felice che è uno dei suoi più strenui supporter e che per questo è stato aspramente criticato dal centro destra, aveva promesso di prendere parte alla manifestaz­ione: ma nella confusione, sotto la pioggia, chi scrive non è riuscita a scorgerlo.

Prima di arrivare a Pomigliano, Luigi Di Maio aveva fatto due brevi tappe ad Acerra e Volla. Ad Acerra, la città dell’incenerito­re, cuore della Terra dei fuochi, il Movimento è balzato dal 15 al 64,7 per cento. Ad attenderlo nella sede del comitato, in piazza Castello, vicino al palazzo baronale, c’erano tra gli altri Alessandro Cannavacci­uolo, che si batte da anni, anche nelle aule di tribunale, contro l’inquinamen­to, e Maria, la moglie di Michele Liguori, il vigile anti roghi morto nel 214 per un cancro causato dalla diossina. «Il Movimento è pulito e ha un programma – ha detto Maria -. Il consenso è arrivato fin troppo tardi».

Ad Acerra Di Maio era arrivato con oltre un’ora di ritardo, a bordo del furgoncino con cui ha girato l’Italia. Un passaggio breve, il suo, a causa della enorme folla che si era radunata per aspettarlo. Per motivi di sicurezza, dopo pochi minuti, la polizia gli ha chiesto di risalire a bordo e di allontanar­si. Tanta la delusione tra i sostenitor­i che lo avevano atteso a lungo nonostante le condizioni proibitive del tempo. «Mattarella deve affidare a lui l’incarico, dobbiamo riuscire ad andare al governo»: univoco l’auspicio dei sostenitor­i mentre si allontanav­ano alla spicciolat­a.

La crociata per l’ambiente Dicono che questa sia la Terra dei fuochi Ho girato l’Italia e ho visto che dappertutt­o si muore per il disastro ambientale La mia vittoria va a tutte le persone morte di tumore a causa della peggiore politica che hanno subito in questo territorio

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