Corriere del Mezzogiorno (Campania)
IL DOVERE DI ANDARE ALLE URNE
Per fortuna, il 4 marzo è arrivato. Non se ne poteva più di una campagna elettorale scialba, volgare, mistificante, forse la più brutta tra quelle che si sono susseguite dal dopoguerra a oggi. Qualcuno sostiene a ragione che sia il frutto del ritorno al proporzionale, un sistema fondato sulla logica del tutti contro tutti che impedisce un dibattito ponderato sui programmi. Ma siamo sicuri che i programmi interessino davvero agli elettori? Possiamo illuderci che, nell’era dei social network e del rancore assurto a sentimento dominante, i cittadini abbandonino d’incanto un’emotività incandescente per dedicarsi allo studio delle proposte avanzate dai partiti? Se lo facessero – cosa sulla quale nessuna persona sensata scommetterebbe un centesimo – scoprirebbero un mondo di frutta candita, come diceva una vecchia canzone, dai colori abbaglianti e dal gusto esageratamente dolce. E ben presto comprenderebbero che di solo zucchero si muore, nemmeno dopo tanto. Si accorgerebbero, inoltre, che una parte del Paese è stata praticamente cancellata dalle mappe della politica, come questo giornale ha dimostrato nei giorni scorsi con un’inchiesta realizzata da Paolo Grassi. Sfogliando i decaloghi delle buone intenzioni messi a punto dalle molteplici forze che oggi si contenderanno il nostro voto, abbiamo scoperto che la parola Mezzogiorno ricorre con la stessa frequenza del vocabolo «sesquipedale»: praticamente non ce n’è traccia.
Il primo a lanciare l’allarme era stato, sempre sulle nostre pagine, il mai troppo rimpianto Giuseppe Galasso che nella sua rubrica domenicale «Il tempo e le idee» aveva sottolineato anzitempo la scomparsa della questione meridionale dall’orizzonte strategico dei partiti. I fatti, ancora una volta, gli hanno dato ragione.
Anzi, sono andati oltre le più fosche previsioni, sino a sconfinare nel paradosso di un (ottimo) ministro del Mezzogiorno e della Coesione Sociale, quale Claudio De Vincenti, paracadutato all’ultimo minuto nel collegio di Sassuolo. Quindi meglio mettersi l’anima in pace: andremo alle urne in una terra dimenticata che, pur di invocare il suo riscatto, ascolterà il canto di nuove e vecchie Sirene. Con tutte le conseguenze del caso. Se infatti, come tutto lascia pensare, i risultati elettorali non decreteranno una limpida e coerente maggioranza di governo, andremo incontro a un periodo d’incertezza istituzionale che non gioverà all’economia complessiva del Paese (una delle grandi incognite è l’andamento delle Borse quando, domani, riapriranno i mercati) ma certamente assesterà una battuta d’arresto ai timidi segnali di ripresa meridionale.
Un bel guaio, vero? Tanto più se si pensa che, osservando gli ultimi sondaggi pubblicati prima dello stop imposto dalla par condicio, il Sud si appresterebbe a bocciare proprio la coalizione politica che – un po’ grazie alla congiuntura mondiale favorevole e un po’ grazie ai provvedimenti adottati sul fronte interno – ha rimesso in moto faticosamente la macchina produttiva, almeno a guardare gli indici economici di Campania e Puglia. Insomma, rischia di prevalere l’anima ribellistica che da sempre, sia pur con tinte diverse, affiora nella storia del Mezzogiorno e ne imprigiona il destino. È ovvio: il periodico insorgere di questo sentimento regressivo affonda radici nelle responsabilità dei partiti e delle élite meridionali, incapaci di guidare i cambiamenti nella giusta direzione, di fornire risposte solide e non effimere ai temi della disoccupazione giovanile e della sicurezza nelle città, di incidere sulla formazione culturale delle nuove generazioni. Ma è giunta l’ora che ciascuno prenda sulle spalle la propria quota di responsabilità invece di scaricarla sempre addosso agli altri. Ecco perché oggi più che mai bisogna andare a votare, lasciando a casa velleitarismi e amarezze per esercitare con lucida ragione quel diritto-dovere che, nonostante le disillusioni di questi anni, resta il sale della democrazia. Avrete bisogno di turarvi il naso per depositare la scheda nell’urna? Fatelo.
L’offerta politica è ampia e variegata, se non troverete la perfetta coincidenza potrete scegliere il partito (o il candidato) che più si avvicina alle vostre idee. Nessuno percepisce il silenzio quando intorno si leva il frastuono. E quando il frastuono si spegne, il silenzio non è altro che un rumore di fondo. Forse molesto. Certamente inoffensivo.