Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Benvenuti a «Bangla-Campania» capitale dei bengalesi vesuviani
Guerra di denunce tra il primo cittadino e il sindacato degli immigrati Seimila extracomunitari su 15 mila residenti: cresce il business dei fitti
Seimila bengalesi su una popolazione di 15 mila abitanti. Tensione a Palma Campania, dove ogni giorno 50 immigrati, in media, chiedono la residenza. (sopra, in foto, la coda agli uffici comunali).
L’oscuro presagio
PALMA CAMPANIA del sindaco, l’altra sera, stava quasi per realizzarsi: «Prima o poi — va ripetendo da mesi — qui ci scappa il morto». E nella centralissima via Roma di Palma Campania — il paese vesuviano ribattezzato dai suoi stessi abitanti
Bangla Campania per la massiccia presenza di immigrati del Bangladesh (circa 6 mila a fronte di una popolazione di 15 mila residenti) — sabato sera da una Mercedes in corsa sono stati esplosi alcuni colpi di pistola ad aria compressa: un proiettile di plastica ha ferito alla testa un bambino di 11 anni di nazionalità bengalese che si trovava nei pressi del negozio di frutta e verdura gestito dal papà. Il piccolo, operato al Santobono di Napoli, ne avrà per almeno trenta giorni.
Il primo cittadino, Vincenzo Carbone, ex Udc, da poco passato con Forza Italia ma alla Città metropolitana stretto collaboratore di Luigi de Magistris, squaderna sulla sua scrivania un faldone che raccoglie anni di denunce: «Temo l’esasperazione della mia gente — accusa —. C’è un sistema di interessi che gestisce il flusso dal Bangladesh messo in piedi da qualche commercialista, dal rappresentante di un sindacato autonomo che produce a ritmo industriale richieste per ottenere l’iscrizione anagrafica per gli immigrati residenti senza fissa dimora e da alcuni opifici locali del tessile. Circa 2.800 bengalesi risultano domiciliati presso la sede di questo sindacato, ma di fatto sono irreperibili. Poi, qualche mese fa, improvvisamente abbiamo registrato 7 casi di tubercolosi. Eravamo smarriti: come si fa a procedere agli interventi di profilassi se non si sa dove risiedono gli ammalati? Durante i nostri controlli abbiamo riscontrato come in alcuni sottoscala e appartamenti vivono fino a 15 immigrati, benché la registrazione dell’affitto risulti in capo ad un solo intestatario. E se calcola che ogni ospite paga almeno 100 euro di fitto al mese, immagini il volume economico generato».
Giovanni De Pietro, ex dirigente comunale dell’ufficio anagrafe, è un vero mago di testi unici e disposizioni normative che regolamentano le procedure di accoglienza. È stato condannato in primo grado a due mesi per aver diffamato il primo cittadino, ma armato di computer e stampante continua la sua battaglia contro l’amministrazione comunale. Il Sai Confsal, il sindacato che rappresenta, ha sede presso la sua abitazione nel centro storico di Bangla
Campana ed è qui, in vico Parrocchia 22, che fanno capolino centinaia di bengalesi, ogni santo giorno, in cerca di assistenza. A loro nome ha denunciato il dirigente comunale (suo successore) perché rallenterebbe le procedure per l’assegnazione delle residenze anagrafiche agli extracomunitari. «Invece di rilasciare la certificazione in 48 ore — contesta — come previsto per i senza fissa dimora, il sindaco ha disposto che per presunti controlli sulle residenze debbano passare 45 giorni, violando la legge. Ma lo sanno che gli uffici postali si rifiutano di aprire il conto corrente a chi non è in possesso di carta d’identità? Questa povera gente come deve fare?». E sfodera la mozione degli affetti: «I bengalesi sono pacifici. Pensi che ho dovuto sottopormi ad un delicato intervento chirurgico e c’era bisogno di sangue: in mille hanno offerto la loro disponibilità. Come potrei abbandonarli? I miei concittadini dovrebbero stendere un tappeto rosso al mio passaggio — conclude fiero — poiché grazie ai bengalesi abbiamo rimesso in moto l’economia locale. Conferiscono oltre un milione di euro al mese nelle tasche dei palmesi».
Sarà anche esagerato. Ma gli interessi che ruotano intorno agli extracomunitari appaiono talmente intrecciati che la protesta popolare si arresta sull’uscio del Comune. Persino del comitato civico che abbozzò un sit in si è persa traccia. E l’atteggiamento della popolazione oscilla tra rassegnazione e paura. «A Palma Campania — spiega Filippo Carrella, giovane avvocato, esponente dell’opposizione in predicato di candidarsi a sindaco — i bengalesi gestiscono 80 aziende del tes- sile, 30 negozi di frutta e verdura e 7 call center. Ma soprattutto metà paese fa finta di indignarsi, poiché ha trovato nell’affitto delle abitazioni un fiorente business. Poi c’è l’altra parte: a fronte di 6.000 bengalesi e di un migliaio di pakistani, nel 2017 circa 1.000 palmesi hanno fatto le valigie e si sono trasferiti nei paesi vicini. E con essi sono parecchi coloro che sono stati costretti a cedere le attività commerciali per via della crisi, per poi chiedere lavoro agli immigrati. In tutto questo l’amministrazione comunale, oltre ad abbaiare, non si è dotata di mediatori culturali in grado di stemperare i rapporti tra i residenti e non ha provveduto ancora ad elaborare un piano del commercio per regolamentare gli orari di apertura, dato che i negozi dei bengalesi restano aperti fino a notte fonda. Registriamo un tasso di evasione dei tributi per la raccolta rifiuti di 260 mila euro l’anno. Ma è impossibile perseguire i titolari dei negozi, dato che cambiano ogni sei mesi».
Il sindaco Carbone, spazientito, continua ad ammonire: «Di questo passo — ripete come un mantra — Palma non esisterà più. La mia non è una battaglia razzista, per carità. Ma di ordine pubblico e igienico-sanitaria». E improvvisamente sbotta: «Ha mai sentito quell’intenso puzzo di cipolla? Il centro storico ne è invaso. Le confesso: quando, il sabato sera, mia figlia si aggira per le strade del centro avverto una certa preoccupazione». Per la cipolla? «Macché, per strada ci sono soltanto loro: gli immigrati».