Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Unica e pubblica, sull’azienda non cambiamo idea
Di fronte alla situazione presente e all’incerto futuro del trasporto pubblico locale, vogliamo esplicitare elementi importanti per valutare correttamente il ruolo e le posizioni che il sindacato e in particolare la Cgil ha assunto in questa vicenda.
1) Le responsabilità su come si è giunti a questa situazione chiamano certamente in causa pratiche del passato che, con modalità spesso consociative, hanno generato sacche di inefficienza non più giustificabili. Ma soprattutto chiamano in causa i gravi ritardi delle istituzioni tutte a considerare, sui giusti livelli di scala, il tema della gestione societaria della mobilità metropolitana.
2) La visione strategica per il futuro del Tpl è stata la vera carenza del confronto e la ragione principale per la quale la Cgil non ha sottoscritto il primo piano di risanamento di Anm del marzo scorso. Quel piano non conteneva nessuna prospettiva industriale, ma solo azioni di riduzione dei costi certamente necessarie ma, da sole e sconnesse da un disegno strategico, destinate al fallimento. Ed infatti quell’accordo è miseramente naufragato. Già a marzo, la Cgil evidenziava con chiarezza non solo le ragioni del suo no, ma anche la unica prospettiva possibile per garantire efficacia ed efficienza produttiva al servizio, capitali e liquidità: l’avvio di un processo di integrazione su scala metropolitana/regionale, disposti a valutare le forme e le modalità migliori fra le molte possibili, ma mantenendo così due caratteristiche importanti quali l’unicità dell’azienda e la sua natura pubblica, non in quanto pregiudiziali ideologiche, ma in quanto coerenti all’impianto societario, funzionale ed industriale, ipotizzato.
3) La gestione della fase attuale è partita da questo punto e l’affermazione della «volontà di difendere la natura pubblica di Anm quale azienda unitaria di riferimento» (testuale dell’accordo del 20.10 u.s.) è stata la premessa condivisa entro la quale si è definito un accordo che, a quegli obiettivi, rende funzionali gli interventi di recupero di efficienza ed efficacia. Tali interventi, per dare risultati, debbono potersi esercitare su una azienda ancora in continuità; per farlo occorre un intervento immediato atto a ricostituire il capitale sociale e un’iniezione di liquidità. Nessuno degli interventi previsti a carico di accordi sindacali è suscettibile di avere a breve questa funzione che, infatti, si era assunta come onere la proprietà, assumendo l’impegno a trasferire, entro il 30 ottobre, capitale patrimoniale. Di questo impegno ad oggi non vi è traccia e non è un caso che i revisori abbiano evidenziato al Comune che il permanere di tale situazione, connessa alla crisi di liquidità, potrà determinare il fallimento dell’azienda.
È in questo quadro che si inserisce il 27 ottobre il cambiamento radicale di prospettiva industriale operato dal Comune che, annunciando lo scorporo e la messa a gara del settore gomma, rende quell’accordo un contenitore svuotato. È ovvio, quale che sia il quadro futuro, che va garantita la mobilità dei cittadini e l’efficienza dell’azienda; i principi su cui farlo sono definiti e nessuno li rinnega: i biglietti vanno pagati, l’evasione va combattuta, gli inidonei vanno ricollocati nel rispetto di leggi e contratti a funzioni coerenti con la missione aziendale, gli orari vanno prolungati, etc. Ma questi interventi si possono fare in molti modi in funzione dell’assetto che si vuole dare all’azienda: se per sconfiggere l’evasione si vuole costruire una controlleria unica fra gomma e ferro, che coerenza ha questo obiettivo se di dice che la gomma si scorpora e va a gara e le aziende diventano due?
Questo è solo l’esempio più macroscopico della difficoltà a proseguire il confronto attuativo di un accordo del quale la proprietà ha minato le fondamenta. In questo quadro attribuire tali responsabilità ai lavoratori e al sindacato è ingeneroso e inesatto. Continuiamo a ritenere che le misure contenute nell’accordo siano necessarie ma vadano attuate coerentemente alla strategia industriale che si sceglie. La nostra opzione è ancora quella che l’accordo del 20 ottobre definisce: azienda unica e pubblica, anzi siamo dell’idea che Regione e Città Metropolitana siano chiamate ad un intervento diretto con le loro società, aprendosi ad una partecipazione nel capitale sociale nelle diverse forme possibili di integrazione. Sull’azienda unica e pubblica qualcuno ha cambiato idea? Bene: ci dica quale è la nuova prospettiva, ce ne dimostri l’utilità e l’efficacia e, se quella fosse la prospettiva migliore, siamo disponibili ad adottare le scelte di efficientamento che abbiamo compiuto sottoscrivendo l’accordo del 20 ottobre adattandole ad essa. Nel prossimo vertice il Comune ha l’occasione per fare chiarezza. Il sindacato farà la sua parte, ma nessuno pensi di ribaltare sul sindacato gli effetti delle scelte tardive, confuse o sbagliate che hanno portato questa vicenda al punto drammatico a cui è giunta.
L’accusa Nessuno pensi di ribaltare su di noi scelte tardive, confuse o sbagliate