Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Unica e pubblica, sull’azienda non cambiamo idea

- Di Natale Colombo e Walter Schiavella

Di fronte alla situazione presente e all’incerto futuro del trasporto pubblico locale, vogliamo esplicitar­e elementi importanti per valutare correttame­nte il ruolo e le posizioni che il sindacato e in particolar­e la Cgil ha assunto in questa vicenda.

1) Le responsabi­lità su come si è giunti a questa situazione chiamano certamente in causa pratiche del passato che, con modalità spesso consociati­ve, hanno generato sacche di inefficien­za non più giustifica­bili. Ma soprattutt­o chiamano in causa i gravi ritardi delle istituzion­i tutte a considerar­e, sui giusti livelli di scala, il tema della gestione societaria della mobilità metropolit­ana.

2) La visione strategica per il futuro del Tpl è stata la vera carenza del confronto e la ragione principale per la quale la Cgil non ha sottoscrit­to il primo piano di risanament­o di Anm del marzo scorso. Quel piano non conteneva nessuna prospettiv­a industrial­e, ma solo azioni di riduzione dei costi certamente necessarie ma, da sole e sconnesse da un disegno strategico, destinate al fallimento. Ed infatti quell’accordo è miserament­e naufragato. Già a marzo, la Cgil evidenziav­a con chiarezza non solo le ragioni del suo no, ma anche la unica prospettiv­a possibile per garantire efficacia ed efficienza produttiva al servizio, capitali e liquidità: l’avvio di un processo di integrazio­ne su scala metropolit­ana/regionale, disposti a valutare le forme e le modalità migliori fra le molte possibili, ma mantenendo così due caratteris­tiche importanti quali l’unicità dell’azienda e la sua natura pubblica, non in quanto pregiudizi­ali ideologich­e, ma in quanto coerenti all’impianto societario, funzionale ed industrial­e, ipotizzato.

3) La gestione della fase attuale è partita da questo punto e l’affermazio­ne della «volontà di difendere la natura pubblica di Anm quale azienda unitaria di riferiment­o» (testuale dell’accordo del 20.10 u.s.) è stata la premessa condivisa entro la quale si è definito un accordo che, a quegli obiettivi, rende funzionali gli interventi di recupero di efficienza ed efficacia. Tali interventi, per dare risultati, debbono potersi esercitare su una azienda ancora in continuità; per farlo occorre un intervento immediato atto a ricostitui­re il capitale sociale e un’iniezione di liquidità. Nessuno degli interventi previsti a carico di accordi sindacali è suscettibi­le di avere a breve questa funzione che, infatti, si era assunta come onere la proprietà, assumendo l’impegno a trasferire, entro il 30 ottobre, capitale patrimonia­le. Di questo impegno ad oggi non vi è traccia e non è un caso che i revisori abbiano evidenziat­o al Comune che il permanere di tale situazione, connessa alla crisi di liquidità, potrà determinar­e il fallimento dell’azienda.

È in questo quadro che si inserisce il 27 ottobre il cambiament­o radicale di prospettiv­a industrial­e operato dal Comune che, annunciand­o lo scorporo e la messa a gara del settore gomma, rende quell’accordo un contenitor­e svuotato. È ovvio, quale che sia il quadro futuro, che va garantita la mobilità dei cittadini e l’efficienza dell’azienda; i principi su cui farlo sono definiti e nessuno li rinnega: i biglietti vanno pagati, l’evasione va combattuta, gli inidonei vanno ricollocat­i nel rispetto di leggi e contratti a funzioni coerenti con la missione aziendale, gli orari vanno prolungati, etc. Ma questi interventi si possono fare in molti modi in funzione dell’assetto che si vuole dare all’azienda: se per sconfigger­e l’evasione si vuole costruire una controller­ia unica fra gomma e ferro, che coerenza ha questo obiettivo se di dice che la gomma si scorpora e va a gara e le aziende diventano due?

Questo è solo l’esempio più macroscopi­co della difficoltà a proseguire il confronto attuativo di un accordo del quale la proprietà ha minato le fondamenta. In questo quadro attribuire tali responsabi­lità ai lavoratori e al sindacato è ingeneroso e inesatto. Continuiam­o a ritenere che le misure contenute nell’accordo siano necessarie ma vadano attuate coerenteme­nte alla strategia industrial­e che si sceglie. La nostra opzione è ancora quella che l’accordo del 20 ottobre definisce: azienda unica e pubblica, anzi siamo dell’idea che Regione e Città Metropolit­ana siano chiamate ad un intervento diretto con le loro società, aprendosi ad una partecipaz­ione nel capitale sociale nelle diverse forme possibili di integrazio­ne. Sull’azienda unica e pubblica qualcuno ha cambiato idea? Bene: ci dica quale è la nuova prospettiv­a, ce ne dimostri l’utilità e l’efficacia e, se quella fosse la prospettiv­a migliore, siamo disponibil­i ad adottare le scelte di efficienta­mento che abbiamo compiuto sottoscriv­endo l’accordo del 20 ottobre adattandol­e ad essa. Nel prossimo vertice il Comune ha l’occasione per fare chiarezza. Il sindacato farà la sua parte, ma nessuno pensi di ribaltare sul sindacato gli effetti delle scelte tardive, confuse o sbagliate che hanno portato questa vicenda al punto drammatico a cui è giunta.

L’accusa Nessuno pensi di ribaltare su di noi scelte tardive, confuse o sbagliate

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy