Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Regione, ecco la stretta sui dipendenti «Basta commenti e spegnete le luci»
Sindacato in allarme: «Inaccettabili alcune prescrizioni, così si limitano le libertà»
Obbligo di spegnere le luci dell’ufficio alla fine del turno di lavoro, divieto di commentare in pubblico le questioni che riguardano l’amministrazione, soprattutto se possano apparire «offensive». Divieto di comportamenti che vadano «contro la morale». E ancora: obbligo di comunicare al proprio superiore se si è iscritti a un club o ad una associazione di qualunque tipo (esclusi partiti e sindacati). Infine, per i dirigenti «evitare la diffusione di notizie false e favorire la conoscenza degli esempi positivi per rafforzare il senso di fiducia nella pubblica amministrazione».
Scritto così sembra il decalogo di un ministero della Repubblica popolare cinese. Invece, è la sintesi del nuovo codice di comportamento per i dipendenti della giunta regionale della Campania (andrà in vigore dal 24 ottobre prossimo). I lavoratori che contravverranno anche a una sola delle prescrizioni contenute nelle sedici pagine del «libello», rischiano di finire sotto procedimento disciplinare ed essere sanzionati.
Tempi duri dalle parti di Palazzo Santa Lucia. Decisamente più permessivo era il vecchio codice risalente al 2001. Ora, in ossequio alle norme anticorruzione e ai princìpi di buone pratiche amministrative, la giunta De Luca ha deciso una stretta considerevole. Ma impiegati e funzionari non hanno accolto con favore i nuovi divieti. Si è sollevato più di un mugugno e anche il sindacato è perplesso per quelle che considera «misure che si spingono fin quasi a limitare alcune libertà». Alfredo Garzi, segretario Cgil Funzione pubblica, è preoccupato: «Ormai quello di scaricare sul singolo dipendente divieti e obblighi eccessivi, è un problema di molte amministrazioni. Per carità, è normale che nel pubblico debba esserci una diversa etica del lavoro. Ma qui ci troviamo di fronte a misure che fanno pensare che gli impiegati regionali non debbano più ragionare con la propria testa». Per Garzi ad esempio appare eccessivo il divieto di fare commenti in pubblico. «Se si temono le offese c’è già la legge che punisce la diffamazione. Che senso ha vietare a un impiegato di parlare di ciò che non funziona nel suo ufficio? Così si offre la brutta impressione di voler tenere le cose nascoste, il contrario esatto di ciò che dovrebbe fare un’amministrazione pubblica».
Anche l’obbligo di spegnere le luci dell’ufficio appare una misura più simbolica che concreta.
La Cgil «Si dà la sensazione di voler nascondere la vita d’ufficio» La Uil «Pronti a intervenire per tutelare la libertà personale»
«Intendiamoci — argomenta Garzi — è sacrosanto risparmiare l’energia elettrica. Ma è impensabile che l’impiegato debba fare il giro degli uffici per spegnere tutte le luci ogni pomeriggio a fine turno. Esistono sistemi di spegnimento elettronico, in ultima analisi ci sono i vigilantes che in genere si occupano di svolgere tali mansioni».
Molto critico anche Enzo Martone segretario regionale della Uil funzione pubblica: «È un regolamento che farà aumentare la tensione negli uffici e lo stress degli impiegati che già sono pochi. E poi concede un potere enorme ai dirigenti: in base a cosa decideranno se un commento è offensivo oppure no? È assurdo sancire che non ci può essere dialettica, ma scherziamo? Come sindacato siamo pronti a intervenire, alcune parti del codice vanno modificate perché sono inaccettabili».