Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Almaviva fa dietrofront La sede di Napoli chiuderà
Non sembra esserci alcun margine di trattativa tra Almaviva Contact e sindacati, governo e istituzioni sugli esuberi annunciati pochi giorni fa dall’azienda di call center, in tutto 2.511 nelle sedi di Napoli e Roma che in questo modo sarebbero inevitabilmente chiuse. Ora da una parte c’è l’azienda che dopo l’accordo di maggio ha fatto dietrofront e ieri nella sede del Mise, dove si è tenuto il primo tavolo con tutte le parti interessate, ha ribadito che non ci sono i presupposti per passare alla seconda fase dell’intesa, facendo chiaramente intendere il fallimento del patto stipulato quattro mesi fa che sembrava aver risolto la vertenza. Dall’altra c’è il governo che chiede all’azienda il ritiro della procedura di mobilità. Presente al tavolo come promesso anche l’assessore regionale al Lavoro Sonia Palmeri che ha ribadito: «La sede di Napoli non si tocca e non si chiude». Il ministro Calenda, nel corso del question time ai deputati del gruppo di Sinistra Italiana-Sel Palazzotto, Scotto e Fassina, sulla vertenza Almaviva ha risposto di aver scritto un lettera alle aziende committenti dei call center affinché rispettino la legge sulle gare. «Stiamo controllando — ha spiegato il ministro — l’applicazione della norma che prevede l’avviso preliminare durante le chiamate degli utenti che fa scegliere se parlare con un operatore di call center italiano o straniero. Nel frattempo stiamo sanzionando quelli che non seguono queste indicazioni». Sulla vicenda Almaviva martedì sera è intervenuto il premier Renzi in persona: «L’azienda — ha detto — si è impegnata col sindacato e con noi. E deve mantenere gli impegni. Totale, totale, totale vicinanza ai lavoratori di Almaviva». Il tavolo di ieri, praticamente un nulla di fatto, è stato aggiornato al 27 ottobre, mentre domani si parla solo dei trasferimenti dalla sede di Palermo a quella calabrese di Rende. La posizione di Almaviva è quella ribadita nella recente comunicazione ai sindacati. L’ad Andrea Antonelli ha lamentato in particolare le continue delocalizzazioni all’estero da parte dei concorrenti, che favoriscono la prassi delle gare al massimo ribasso. Tra i nodi irrisolti c’è la modifica dell’articolo 24 bis del decreto legge 83 del 2012, a tutela dei lavoratori dei call center. Aziende e sindacati hanno chiesto un inasprimento delle sanzioni per chi delocalizza senza rispettare le regole, ma l’iter è fermo in Senato. L’azienda ha invece accusato i sindacati di non consentire il controllo a distanza dei dipendenti, misura considerata utile ad accrescere la produttività. Insomma posizioni molto distanti che neanche il viceministro Teresa Bellanova è riuscita a ridurre. Il futuro dei lavoratori della sede di Napoli appare sempre più incerto.