Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Il mercato azzurro non è da top Ma la fiducia resta
Ultima partita a mercato aperto, finalmente. E finalmente sappiamo anche che faccia avrà, salvo colpi di coda dell’ultimo momento che d’altra parte non appartengono al Dna della società di De Laurentiiis, il Napoli di quest’ultima lunga, decisiva coda di stagione. Il presidente aveva detto: ci servono un centrocampista e un difensore.
Vero. E io metto a disposizione un sacco di soldi per prenderli. Probabile. Poi ha detto: non alteriamo gli equilibri con giocatoroni che poi pretendono di scalzare i titolari. D’accordo, in fondo è gennaio.
E poi sono arrivati il poco fortunato e molto giovane Grassi e il meno giovane e più collaudato (negli schemi di Sarri) Regini, riserva della Sampdoria quartultima. Per carità, il tifoso è ben consapevole di quanto poco ne capisca di fronte ai tecnici all’avanguardia che dirigono le operazioni; e ha pure imparato a fidarsi, ricordando il mu- so storto col quale aveva accolto gente come Hysaj, Jorginho, Koulibaly e Chiriches. Ma diciamocelo chiaro, da questa sessione invernale si sarebbe aspettato qualcosa di più e di meglio di questi due ragazzi che saranno in gamba, anzi in gambissima, ma è lecito dire che non alzino più di tanto il valore tecnico complessivo di una rosa che, per stessa ammissione del presidente come sopra detto, aveva due carenze oggettive in quei ruoli. Insomma, tra i conclamati e multimi- lionari Herrera, Kramer, Maksimovic e Gomes e i due wonder boys che sono stati tesserati probabilmente potevano esserci delle vie di mezzo più opportune in un momento in cui il Napoli è primo in classifica ed è accreditato da tutti come la più autorevole candidata, assieme ai sempiterni avversari, alla vittoria finale. Un Poli, uno Zelinsky, un Soriano, un Tonelli avrebbero forse fornito da subito una valida alternativa senza svenarsi. Ma tant’è, il tifoso si deve accontentare. E di fronte al rimbrotto che il dirigente preposto farebbe in un’ipotetica conversazione davanti a un bicchiere di vino, cioè: i fatti mi danno ragione, fidati e stai zitto, non potrebbe che alzare le mani. Certo che staremo a guardare se Zuniga e De Guzman, oltre il non rimpianto Henrique, mostreranno anche altrove la propria conclamata inadeguatezza; e sosterremo anche con forza i due nuovi arrivati se e quando li vedremo entrare nelle rotazioni necessarie. Nel frattempo terremo le dita incrociate sulla buona salute e i cartellini (Allan, Jorginho e Hysaj diffidati e in campo contro l’Empoli in vista della Lazio), ora che si comincia a giocare ogni tre giorni e che tutte le partite valgono una finale. L’Empoli, per esempio. A ridosso delle grandi, collaudata e rognosa, con la forza dei nervi distesi e la determinazione a mettersi ancora in mostra. Serviranno applicazione, forza, voglia di vincere; perché da oggi anche il tifoso, come ognuno dei calciatori e tutto lo staff, sa che non si può e non si deve guardare molto al di là della prossima partita. E che ogni partita dev’essere esattamente come le altre, anche se per esempio non immaginiamo che non sarà mica facile giocare contro il passato, per il Mister. Ma lui ha la scorza dura, e non si farà impressionare: l’azzurro nel suo destino non è quello dei toscani. Non più.