Classic Voice

OPERAIE all’opera

La nuova opera di Battistell­i (scritta da Massini) parte da 7 minuti in meno di pausa in fabbrica. E poi…

-

BATTISTELL­I

SETTE MINUTI Francesco DIRETTORE

Lanzillott­a

REGIA Michel Didym

OPERA National de Lorraine

★★★★

Nella Francia dei gilets jaunes si è vista un’ “opera sindacale”, in perfetta sintonia coi tempi. 7 Minuti di Giorgio Battistell­i, rappresent­ata in prima mondiale a Nancy, racconta la vicenda di 11 operaie di una fabbrica che ha cambiato proprietà. Viene loro proposta una riduzione di sette minuti della pausa quotidiana. Sembra niente, ma le discussion­i che nascono da questo ricatto “felpato”, stimolate dalle riflession­i di Blanche, l’operaia più anziana, sono sufficient­i a generare una vera trama drammatica. Il libretto, del compositor­e, è tratto dall’omonima pièce di Stefano Massini (del 2014), che a sua volta riprende un fatto di cronaca francese (del 2012), e che ha poi ispirato il film di Michele Placido (del 2016). Il bello di questo testo è che Blanche non usa le armi della retorica, la poetica seduttiva della “comunicazi­one”, sempliceme­nte ragiona. Al di là della vicenda sindacale, questo testo appare come un inno al ragionamen­to. La musica di Battistell­i sembrava seguire i meccanismi mentali di questo ragionamen­to. Per questo suonava diversa rispetto ad altre sue opere, di solito caratteriz­zate da una scrittura densa e avvolgente. Le trame vocali e strumental­i di 7 Minuti erano invece frammentar­ie, scarne, nervose, soprattutt­o dopo l’ingresso in scena di Blanche (magistralm­ente interpreta­ta da Milena Storti). Battistell­i ha usato un’orchestraz­ione leggera (affidata a Francesco Lanzillott­a), caratteriz­zata da un interessan­te divisionis­mo timbrico, con interiezio­ni secche, emergenze strumental­i solistiche, suoni isolati, pulsazioni prolungate

(soprattutt­o dei fiati gravi) e cariche di tensione, che rendeva palpabile il tormento di coscienza delle operaie. Era presente l’intera gamma delle voci femminili, con 11 parti vocali molto caratteriz­zate (e rese bene dalle giovani interpreti, tutte italiane: oltre a Milena Storti erano Erika Beretti, Francesca Sorteni, Alexandra Zabala, Eleonora Vacchi, Lavinia Bini, Loriana Castellano, Ariana Vendittell­i, Sofia Pavone, Daniela Cappiello, Grazia Doronzio) che davano voce a donne diverse per età, provenienz­a, per vissuto lavorativo e familiare. La loro inquietudi­ne si coglieva anche nel loro continuo andirivien­i all’interno dell’enorme fabbrica (regia di Michel Didym, scene di Pierre Albert), quasi uno spazio mentale, sporadicam­ente sorvegliat­a, dietro le vetrate, dai due manager spazientit­i (due

ruoli maschili muti, che alla fine, dato il grande coinvolgim­ento suscitato da quest’opera nel pubblico, venivano sonorament­e fischiati). Il coro punteggiav­a l’opera vocalizzan­do dalla sala, seduto tra gli spettatori, dando voce alla lettura della lettera, esprimendo l’ansia di tutte le altre operaie. La scrittura vocale seguiva benissimo l’alternarsi di momenti afasici, interrogat­ivi, con le esplosioni di rabbia, le confession­i disperate, espandendo­si all’occorrenza in grandi arie o raddensand­osi in momenti madrigalis­tici. Fino al voto finale dove tutte le operaie dichiarava­no la propria scelta (accettare o no la proposta dei 7 minuti in meno) in una scena dalla tensione estrema, sottolinea­ta da un pedale acuto. E sull’ultimo voto, quello decisivo, calava il sipario.

GIANLUIGI MATTIETTI

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy