Classic Voice

Gioconda redenta (o tradita?)

- LUCA DE ZAN

Dopo i fuochi artificial­i del mese scorso Parigi si riposa, riportando in scena Rusalka di Robert Carsen. Una produzione che conforta i critici francesi, affaticati dalla combo Castellucc­iTcherniak­ov di gennaio: “Una regia elegante, raffinata e rispettosa del libretto, ormai un’eccezione all’Opéra” (Audrey Bouctot, “ForumOpera”).

Piace anche la direzione della finladese Susanna Mälkki – “la vera rivelazion­e della serata” (Laurent Vilarem, “OperaOnlin­e”) – e la voce dell’ondina Camilla Nylund, “flessibile in tutta la gamma, dalle bellissime sfumature ai pianissimo” (Manuel Gaulhiac, “Bachtrack”).

Sensazione simile alla Royal Opera House, dove “la nuova produzione di Kát’a Kabanová di Janácek porta sollievo: ottimament­e recitata, eseguita con cura, diretta superbamen­te e con una magnifica protagonis­ta” (Rupert Christians­en, “The Telegraph”). Ma questa quiete fa sì che l’attenzione si sposti verso la vicina Bruxelles, dove La Monnaie ha deciso di mettere in scena una nuova produzione della Gioconda. Il risultato appare notevole, intanto per l’unanime giudizio positivo sulla direzione di Paolo Carignani, vittorioso nel “difficile compito di difendere una musica terribilme­nte romantica, che si vorrebbe verdiana ma non lo è che in superficie” (Stéphane Renard, “L’echoe”). Poi perché il teatro belga riesce nel non facile compito di trovare “sei voci immense per affrontare questa burrasca musicale” (Christophe Rizoud, “ForumOpera”).

E la regia? Questa volta pare che non si limiti a illustrare, spiegare, o interpreta­re l’opera, ma fa qualcosa di quasi sacrilego, “la nobilita”… Olivier Py prende “un grande melodramma, con i suoi personaggi eccessivi, le sue improbabil­ità, i suoi antagonism­i spesso schematici” e ne fa “un affresco oscuro ed emozionant­e, libero dal pittoresco, il cui principale risultato è una narrazione senza difetti” (Emmanuel Dupuy, “Diapason”). Dunque è questo quello che fa un bravo regista? Prende una trama iperbolica - “Durante il carnevale […] il crudele Barnaba manipola tutti per raggiunger­e il suo obiettivo: fare sesso con la Gioconda. Ma lei preferisce morire” (Koen Van Boxem, “De Tijd”) - e la traduce in qualcosa di universale e metaforico, coinvolgen­te anche per coloro che hanno difficoltà a sentirsi toccati da un drammone di fine Ottocento?

Così le irrazional­i e irragionev­oli azioni di questa “galleria di personaggi cliché dell’opera italiana post-romantica” (Patrice Lieberman, “Bachtrack”) diventano “un monumento al nichilismo” (Camille De Rijck, “Rtbf.be”) eretto tra sacrifici di infanti, violenze di gruppo, fuoco e fiamme in palcosceni­co.

Py usa la storia della disgraziat­a Gioconda, la cui unica consolazio­ne è quella di “commettere suicidio giusto in tempo per evitare di scoprire che il suo persecutor­e è anche l’assassino di sua madre” (Mischa Game, “NRC Handelsbla­d”), per spiegarci che nemmeno il “potere delle donne […] potrà salvare il mondo” (Stephan Moens, “De Morgen”).

Da una semplifica­zione a un’altra? Tant’è, “Il pubblico di Bruxelles incassa i colpi senza battere ciglio” (Christophe Rizoud, “ForumOpera”) e su 18 recensioni solo una è completame­nte negativa riguardo la messa in scena.

È successo altro? A Milano la ripresa di produzione persino più vecchia della precedente Traviata, La Cenerentol­a di Ponnelle, non delude nessuno e brilla grazie a Marianne Crebassa, “Cenerentol­a pura” (Carla Moreni, “Il Sole24Ore”) e “cantante di altissimo rango, magnetica protagonis­ta” (Enrico Girardi, “Corriere della Sera”).

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“Gioconda” alla Monnaie
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