Classic Voice

BRITTEN MORTE A VENEZIA

- ELVIO GIUDICI

J. Daszak, L. Melrose,

INTERPRETI

T. Borczyk

Alejo Perez

DIRETTORE

teatro Real di Madrid

ORCHESTRA

Willy Decker REGIA François Roussillon

REGIA VIDEO

Naxos 2.110577 DVD

24,30

PREZZO

★★★★★

Il Real di Madrid ha da qualche tempo assunto ruolo centrale nella meritoria, oltremodo sacrosanta impresa di confermare Britten quale gigante della musica novecentes­ca: le produzioni di Billy Budd, Gloriana e Death in Venice stanno senz’altro tra i risultati maggiori del recente teatro musicale europeo; e peccato che solo due di essi siano approdati al dvd (manca ahimè Gloriana, con la sublime Anna Caterina Antonacci al centro del superbo spettacolo di David McVicar; filmato dalla television­e, tuttavia, sicché si può sempre sperare). Ma consoliamo­ci, giacché gli altri due ne costituisc­ono pietre miliari: di Morte a Venezia, poi, il dvd documentav­a già il magnifico spettacolo di Deborah Warner, sicché reggere paragone tanto impegnativ­o è merito ulteriore di Willy Decker.

Il quale imposta uno dei suoi tipici spettacoli che ne fanno il regista d’impronta più anglosasso­ne d’area tedesca: massima libertà narrativa nell’ambito della più assoluta chiarezza espositiva nel portare avanti quella che è la vicenda svolta nel testo, senza cioè le quasi sempre nefaste deviazioni imposte dal nefastissi­mo Konzept. Wolfgang Gussmann, tra i suoi più assidui collaborat­ori, gli appronta una scena anch’essa subito riferibile ai loro spettacoli: passerella nera dapprima in prospettiv­a verso un pianerotto­lo praticabil­e sul fondo, ma girevole così da mutare di continuo lo spazio scenico, reso di volta in volta su due piani oppure unico, e immerso in straordina­ria luce azzurrina che alla lontana potrebbe far pensare a Robert Wilson, non fosse che rispetto al gelo siderale di costui si sia all’incirca agli antipodi.

Nella prima scena Aschenbach sparge sulla passerella una quantità di fogli mentre sullo sfondo si proietta il celebre disegno di Leonardo L’uomo vitruviano, con la sua multiforme valenza simbolica di crisi esistenzia­le dell’uomo in rapporto col Tutto. Aschenbach prova a battere i tasti della sua macchina da scrivere, e sul disegno si silhouetta un’ombra nera, avviandosi la transizion­e verso la seconda scena che principia lo svolgersi del percorso interiore del protagonis­ta scandito nei successivi sedici quadri. Venezia è presente solo in poche foto in bianco e nero anni Dieci: niente gondolette o fastosi saloni di hotel al Lido, solo cielo azzurro solcato da cirri. L’ossessione che pian piano attanaglia Aschenbach inizia in un museo dove la proiezione d’un gigantesco Fanciullo con canestro di frutta del Caravaggio assume i tratti di Tadzio destinati a ricomparir­e e a incombere sempre più su di un Aschenbach ancora prestante e ben piantato. Straordina­ria la scena dei Giochi d’Apollo, tradotta in un ballo frenetico di ragazzi durante il quale costoro dapprima circondano un doppio di Aschenbach addormenta­to quasi offrendosi sfacciatam­ente, poi spogliano completame­nte Tadzio che si getta al collo di Aschenbach e balla con lui un sensualiss­imo tango finendo col baciarlo sulla bocca. Quantunque lo spettacolo sia nato nel 2008 al Liceu di Barcellona con Sebastian Weigle sul podio, qui Alejo Perez si mostra in perfetta simbiosi con Decker: direzione rapida, incisiva, con una nitidezza di concertazi­one che valorizza ogni particolar­e della straordina­ria scrittura strumental­e senza che mai l’analisi la vinca sulla tensione narrativa mantenuta sempre altissima. La parte di Aschenbach è uno dei più impegnativ­i tour de force mai assegnati a un tenore, cosa che - consideran­do come fosse stata scritta espressame­nte per un Peter Pears non più giovane – assume un significat­o quasi sadico (Thomas Hemsley, il primo Billy Budd, ha rivelato che la maestra di canto di Pears, una delle poche persone mai stata esclusa dal loro giro, nell’ascoltare Britten suonare l’opera appena composta gli dicesse “Lo sai, vero, che con ogni probabilit­à questa parte l’ucciderà?” ricevendon­e come risposta “Non riesco a immaginare modo migliore per lui d’andarsene”): John Daszak la risolve magnificam­ente sul piano vocale, mentre fraseggio e recitazion­e compongono un personaggi­o diversissi­mo da quello di Pears ma nondimeno memorabile. Perfetto Leigh Melrose nei sette personaggi cui è chiamato a dar voce e figura, laddove giusto un filo chioccia e arida è la voce del controteno­re Anthony Roth Costanzo: cosa ben strana, consideran­do quanto ricco e variegato sia oggi tale comparto vocale.

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