The Decemberists
As It Ever Was, So It Will Be Again
HS: 80
Ci vuole fegato e una certa dose di autostima, dopo sei anni di silenzio, per tornare sulla scena con l’equivalente di un doppio album suddiviso in quattro facciate tematiche e che si chiude con un’epopea di 19 minuti e 20 secondi: ispirata al leader dei Decemberists Colin Meloy dalla lettura di un romanzo di Lidia Yuknavitch, Joan in the Garden, chiude tra pirotecniche fantasmagorie AS IT EVER WAS, SO IT WILL BE AGAIN partendo dalle vicende eroiche di Giovanna d’Arco per riflettere sul mistero del processo creativo e affastellando nel suo lungo e onirico viaggio maestosità pinkfloydiane, trip cosmici alla Tangerine Dream e un galoppante finale tra hard rock e prog anni Settanta senza suonare minimamente pretenziosa e anzi decisamente coinvolgente. È uno scarto brusco rispetto a tutto quanto la precede, una collezione equilibrata di canzoni lineari e impeccabili che in accordo al titolo del disco (“com’è sempre stato, così sarà in futuro”) sembrano riannodare i fili di quanto la band di Portland ha prodotto ai suoi tempi migliori e prima della poco convincente svolta synth-pop di I’LL BE YOUR GIRL: squillante jangle rock (Burial Ground, Long White Veil), folk tenebroso (The Reapers, Don’t Go To The Woods), cristalline ballate d’amore (All I Want Is You), flash beatlesiani (America Made Me) e harrisoniani (Tell Me What’s In Your Mind), Americana e persino una rumba folk (Oh No!) con gran spolvero di strumenti a corda acustici ed elettrici, flauti, synth e ottoni e un sound nitido, asciutto e naturale. Davvero un ritorno in grande stile, cui contribuiscono anche James Mercer degli Shins e l’ex R.E.M. Mike Mills.