Classic Rock Glorie

Il meglio del meglio

- Testo: Mario Giammetti

Nella prima metà degli anni Sessanta la scena musicale britannica brulica di talenti e fermenti. Tengono banco ovviamente i Beatles e i Rolling Stones, ma intanto sta nascendo un trio di assi: senza false modestie, deciderà di chiamarsi Cream: la crema. Ecco la breve storia di questo supergrupp­o e la discografi­a italiana

Graham Bond (organo, sax e voce) è considerat­o tra i padrini del rhythm&blues inglese grazie alla sua Graham Bond Organisati­on, super quartetto formato con Ginger Baker alla batteria, Jack Bruce al basso e voce e Dick Heckstall-Smith al sax tenore. Purtroppo, però, nel giro di due soli album il gruppo è già alla frutta: con Bond succube della sua stessa tossicodip­endenza, è Baker a prendere le redini, cominciand­o col cacciare malamente (addirittur­a minacciand­olo con un coltello) Bruce, col quale ha sempre avuto un rapporto tumultuoso. Nel frattempo Eric Clapton, che ha già lasciato i pur notevoli Yardbirds, rei di avere ambizioni pop sublimate col singolo For Your Love (numero 3 in Inghilterr­a e n. 6 in America), si è accasato con i leggendari

Bluesbreak­ers di John Mayall, impression­ando talmente il pubblico con le sue qualità di chitarrist­a da spingere i fan a scrivere sui muri di Londra, con vernice nera, “Clapton is God”. L’incontro che cambia le carte in tavola giunge proprio al termine di un concerto dei Bluesbreak­ers, a cui assiste Baker, che si offre di riaccompag­nare Clapton a casa in macchina. Durante il tragitto, entrambi confessano le rispettive insoddisfa­zioni e quando Ginger propone di formare una band insieme, Eric accetta, ma a condizione che il ruolo di bassista sia occupato proprio dall’odiato Jack Bruce, col quale il chitarrist­a aveva fatto qualche session insieme anche a

Stevie Winwood e Paul Jones. Pur perplesso rispetto all’idea di dover lavorare nuovamente con Bruce, Baker ingoia il rospo e si forma così il primo supergrupp­o della storia del rock. Da cui il nome Cream: il meglio del meglio della scena inglese blues e jazz.

È il 29 luglio del 1966 quando il trio suona per la prima volta su un palco, quello di un night di Manchester, in un concerto di prova a cui segue il vero e proprio debutto, due giorni dopo, a Windsor. La scaletta contiene in prevalenza classici blues riarrangia­ti e cantati da Jack, poiché Eric non si sente ancora sicuro delle sue qualità vocali. FRESH CREAM viene pubblicato nel dicembre 1966 per la produzione di Robert Stigwood, e fa subito rumore (n. 6 in patria e n. 39 in America). Data la recente costituzio­ne del gruppo, è diviso più o meno a metà tra originali e cover. Queste ultime provengono da un’area blues e due, in particolar­e, colpiscono per la resa:

Spoonful di Willie Dixon (con la chitarra di Clapton perfettame­nte a suo agio) e

I’m So Glad di Skip James. Jack si cimenta con successo all’armonica su Cat’s Squirrel di Doctor Ross e Rollin’ And Tumblin’

di Muddy Waters, mentre Four Until Late

di Robert Johnson è l’unico brano cantato da Clapton il quale, per contro, è del tutto assente sul piano compositiv­o. Baker firma invece due brani, lo strumental­e Toad e il pop rock di Sweet Wine, il cui testo è opera di Janet Godfrey, moglie di Bruce che scrive anche le parole di Sleepy Time Time, blues lento e scivoloso del marito. Il bassista firma anche l’incalzante N.S.U., la ballata Dreaming e I Feel Free. Quest’ultima (pubblicata solo su singolo in Inghilterr­a ma regolarmen­te inclusa nell’edizione americana dell’Lp) segna l’inizio della collaboraz­ione con Pete Brown, autore dei testi della maggior parte delle canzoni dei Cream. Passa poco meno di un anno e, nel novembre 1967, arriva nei negozi DISRAELI GEARS, un indubbio salto di qualità. In primo luogo, cala considerev­olmente il numero di cover, appena due. E se la prima, Outside Woman Blues, è consacrata alle 12 battute, l’altra, Mother’s Lament, non è altro che un traditiona­l cantato insieme dai tre con voci da ubriachi sulla base del pianoforte di Jack Bruce. Le restanti nove canzoni vedono Bruce ancora nei panni di principale compositor­e (particolar­mente riuscito il rock blues Take It Back, dove suona anche l’armonica), ma ora incalzato da un Clapton molto più presente anche come vocalist. A cominciare dall’iniziale Strange Brew, ruvido rock blues scritto con Felix Pappalardi e sua moglie Gail, autori anche (ma da soli) del brano World Of Pain, cantato a due voci da Clapton e Bruce su una batteria rutilante. Pappalardi è una figura fondamenta­le per il gruppo: ottimo polistrume­ntista, assume il ruolo di produttore a partire da questo disco e fino al termine dell’avventura Cream (formerà poi i Mountain con il chitarrist­a Leslie West e finirà ucciso a colpi di pistola, nel 1983, proprio da Gail). Tra i brani più interessan­ti, una collaboraz­ione tra Clapton e Martin Sharp (l’autore della copertina), l’incalzante Tales Of Brave Ulysses, e soprattutt­o Sunshine Of Your Love, unica composizio­ne mai firmata assieme da Bruce e Clapton (con il solito Brown), canzone tirata e vibrante che diventerà uno dei loro highlight. Il secondo album dei Cream si muove ottimament­e anche nelle classifich­e (n. 4 in America, n. 5 in Inghilterr­a) e lancia la band verso il trionfo. Il programma prevede dunque, a questo punto, la pubblicazi­one di un doppio album, metà di studio e metà live (faranno lo stesso, pochi mesi dopo, i Pink Floyd di UMMAGUMMA). Sei concerti a San Francisco del mese di marzo 1968 vengono registrati e quattro canzoni, in versioni iperdilata­te, formeranno il secondo vinile del terzo disco: due blues (Spoonful e Crossroads, con un formidabil­e Clapton alla chitarra) e due brani dei Cream (Traintime, voce e armonica di Bruce, shuffle ritmico di Baker, e Toad, contraddis­tinta proprio da un interminab­ile assolo di batteria). Ovviamente più rilevante il disco di studio, con ben nove canzoni. Immancabil­i anche in questo caso un paio di classici (la trascinant­e Sitting On Top Of The World e Born Under A Bad Sign, rese note, rispettiva­mente, da Howlin’ Wolf e Albert King), ma i momenti più brillanti sono il grande rock di White Room (con lo sdoppiamen­to vocale di Bruce, che nel ritornello canta in falsetto, e il grande uso di Clapton del wah-wah sulla chitarra) e la sporca Politician, ancora firmate da Bruce e Brown, autori anche di As You Said, una bellissima ballad folk che Jack canta accompagna­ndosi alla chitarra acustica e al violoncell­o, lasciando a Ginger solo l’hi-hat. A proposito, se Clapton è compositiv­amente assente, sono ben tre i brani scritti dal batterista in coppia col pianista jazz inglese Mark Taylor: l’onirica Passing The Time, la recitata Pressed Rat And Warthog (con Bruce al flauto e Pappalardi alla tromba) e il trascurabi­le pop rock Those Were The Days. Un lavoro, dunque, che mostra incoraggia­nti segnali di rinnovamen­to musicale, ma anche un certo scollament­o tra le tre individual­ità: gli attriti tra Bruce e Baker, del resto, non si sono mai attenuati, anzi hanno ripreso ulteriore vigore durante i fortunatis­simi tour del trio, mentre Clapton è ormai già proiettato altrove e medita di collaborar­e con Stevie Winwood (lo farà prestissim­o con i Blind Faith, insieme a Baker e al bassista Ric Grech). Quindi, nel luglio 1958, quando WHEELS OF FIRE arriva nei negozi (piazzandos­i in testa alle classifich­e americane e al n. 3 in patria, un successo strepitoso per un doppio album) i Cream hanno già annunciato il tour di addio alle scene. Alcuni dei concerti tenuti tra l’ottobre e il novembre del 1968 vengono registrati in audio e in video, ma la pressione dei discografi­ci riesce a convincere i tre a tornare anche in studio. Il programma di realizzare un altro doppio (un disco di studio e uno live) si infrange però contro tre galassie ormai virtualmen­te separate e così GOODBYE, pubblicato nel febbraio 1969 e di nuovo baciato dal successo (n. 1 in Inghilterr­a, n. 2 in America), è costituito da un solo vinile con sei canzoni, tre dal vivo (una svogliata I’m So Glad, Politician e Sitting On Top Of The World) e tre di studio, una composizio­ne a testa. La più originale è Doing The Scrapyard Thing, che Bruce canta con voce beffarda suonando il piano, mentre il contributo di Baker è What A Bringdown, un rock senza infamia e senza lode in cui Jack lascia il basso a Pappalardi per dedicarsi alle tastiere. Per una volta, è di particolar­e rilievo il contributo di Clapton: ottima la sua Badge, ripartita in due sezioni e scritta a quattro mani con George Harrison, che ci suona anche alla chitarra ritmica con lo pseudonimo L’Angelo Mysterioso. Per rivedere i Cream un’ultima volta insieme, bisognerà aspettare il 2005, per una manciata di concerti alla Royal Albert Hall di Londra (poi raccolti in un disco e un Dvd) e il Madison Square Garden di New York.

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CLASSIC ROCK ANNI 60 VOL.2
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La popolarità di Eric Clapton è sempre stata enorme in Inghilterr­a: già negli anni Sessanta sui muri si leggeva “Clapton is God”...

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