Mika è la star di Piano City, uno show a lume di candela
Un pianoforte a lume di candela, la scenografia naturale del Castello Sforzesco, la sua voce. Così Mika si presenterà mercoledì 17 maggio, protagonista dello speciale opening in anteprima di Piano City, il festival diffuso di Milano che animerà la città per tre giorni (19-21 maggio). Un festival che ribalta le dinamiche: la musica che non aspetta il pubblico, ma gli va incontro nelle piazze, nelle case e in spazi non convenzionali; una diffusione che non concentra l’attenzione verso il centro ma invade lo spazio urbano; qualità culturale inclusiva, non per pochi, ma donata a tutti.
Musica inclusiva ad ampio spettro se si aggiunge Mika, rappresentante d’elezione di un modo impegnato di fare show: lui non è solo un performer da palco, intrattenitore, animale da live; ma porta in scena anche la sua storia personale, che diventa storia di tutti. Personaggio che racconta il tempo in cui viviamo: «Quando salgo sul palco o decido di parlare davanti a una telecamera il candore è fondamentale». In questo «slogan» si riassume il suo essere artista. Un artista che spazia tra i generi (anche) dell’intrattenimento, tra musica e televisione: sa essere pop come è successo tante volte a X Factor, ma anche a Eurovision, senza dimenticare le sue radici estremamente colte e riconosciute dal mondo classico.
Dopo l’opening di Piano City a Milano, Mika si dedica al suo tour mondiale (Osaka, Tokyo e Seul le prime date, tutte già sold out), mentre sarà di nuovo in Italia in estate con sei appuntamenti speciali (tra l’8 luglio a Cattolica e il 16 luglio a Chieti).
Per lui trasparenza e candore sono fondamentali, per questo non si è mai tirato indietro quando gli hanno chiesto di parlare della sua omosessualità. «È molto positivo quando una persona nota parla d’amore, ma non basta, non dà la forza a tutti — aveva detto in un’intervista —. Quello che a me la dava era vedere Prince che ballava e cantava di sesso, poesia, soldi e politica, con leggerezza e intelligenza. O David Bowie che rifiutava ogni stereotipo sulla sessualità o Madonna che ci giocava e diceva che le donne potevano essere di qualsiasi tipologia. La tolleranza si provoca in maniera profonda, non bastano le parole o il potere della celebrità. Serve l’arte».