Gforex, il crac dei cambi Il tesoro scomparso a Dubai
Arrestato Di Fonzo, ricercato il socio pachistano Riaz
MILANO — Il copione secondo la Pr o c ur a di Mil a no e r a q ue l l o di «Prendi i soldi e scappa». Uno dei due, Mahmood Riaz, per ora c’è riuscito. Per l’altro, Claudio Di Fonzo, sono scattate nei giorni scorsi le manette del comando provinciale milanese della Guardia di Finanza. La vicenda della Gforex e dei suoi resistibili rapporti con la Gtl Trading di Riaz — una Dubai connection che ha causato un buco da 26 milioni di euro ai danni di 400 risparmiatori italiani — era stata denunciata dal Corriere già nel dicembre scorso. «Le indagini — hanno fatto sapere le Fiamme gialle — hanno permesso di ricostruire un articolato meccanismo fraudolento, finalizzato alla raccolta del risparmio da numerosi clienti, collocati su tutto il territorio nazionale, attraverso la sottoscrizione di contratti di gestione in cambi e il conseguente conferimento delle somme di denaro da investire nel mercato dello scambio valute». La classica girandola passata dalla Svizzera, rimbalzata a Dubai e finita in un buco nero senza ritorno quale il conto presso la First International Carribean Bank di una società delle Virgin Islands. Una vera e propria Dubai connection. I due principali attori della vicenda, comunque, dopo quasi un anno vissuto navigando a vista, avevano iniziato a subodorare puzza di bruciato, questa volta a loro spese. Di Fonzo, 42 anni, un ex marketing specialist della Popolare di Lodi che nel 2007 aveva deciso di mettersi in proprio con la Gforex, aveva rilasciato un’intervista meno di un mese fa a economiaweb.it. Il contenuto? «Riaz si è appropriato indebitamente del denaro» e anche lui, Di Fonzo, altro non è che «una vittima». Non solo: scendendo in campo in propria difesa nei blog e nei forum animati dai 400 risparmiatori della Gforex messa in liquidazione il 9 giugno 2011, Di Fonzo aveva accusato Riaz di aver perpetrato una truffa simile ai danni di 700 suoi connazionali pakistani.
Di questo e di altro ora dovrà parlarne con la magistratura.
Da parte sua Riaz, attraverso il suo difensore italiano, aveva girato uguali accuse all’ex socio: «Il mio cliente crede che Gforex avesse fornito falsi documenti ai propri investitori commettendo una frode». Sempre tramite l’avvocato, Riaz aveva fatto poche settimane fa una richiesta alla Procura di un 335 (certificato di indagine preliminare) per sapere cosa bollisse in pentola. Peraltro in questi mesi non sembra essere rimasto con le mani in mano: dai nostri ultimi articoli Riaz ha riattivato il sito www.gtltrading.com di Dubai rendendolo più cool ed attrattivo anche se negli Emirati non può sostanzialmente più operare per la mancanza di certificati idonei. In questo momento, dopo il nulla di fatto delle indagini a Dubai, risulta operare in Australia. La Guardia di finanza dovrà eseguire l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei suoi confronti, anche se è difficile pensare che il fondatore della Gtl Trading possa pensare di fare un viaggio nel Belpaese di questi tempi. Meno che mai che sia disposto a venire a spiegare di persona come sarebbero andati i fatti.
Ciò che rimane è solo la cronistoria di un incubo iniziato per i 400 spericolati risparmiatori una sera del maggio 2011 con un’email di Di Fonzo per metterli al corrente «dell’improvviso e grave inadempimento della controparte di riferimento Global Tradewaves Ltd». Da quel momento in poi ci sarà una sola certezza: dei 26 milioni di euro, affidati alla Gtl per lucrare guadagni a due cifre addirittura garantiti dai primi prodotti giocando con un fantomatico algoritmo che permetterebbe di spremere soldi dai cambi, non c’è traccia. Per la procura il denaro veniva dirottato