GLI DICO CHE HA UNA MAGIA (E MI MANDA A QUEL PAESE )
LE COSE CHE SO DI LUI
Sette anni fa ho stretto per la prima volta la sua mano. Era al Corriere ,a Milano, per un’intervista. Da allora a oggi è passata una vita: la sua partecipazione a un mio film con il suo pezzo Hurts, io che lo dirigo in un videoclip portandolo a Udine a ballare sotto la loggia del Lionello. Lui che mi chiede di partecipare alla scrittura del suo show italiano, io che gli chiedo di scrivere la sigla della Compagnia del Cigno , e di interpretare sé stesso, lui che trasforma un suo concerto in un palazzetto per le mie riprese, e mi chiede al microfono: «Ivan cosa vuoi che faccia per te?» e decine di migliaia di persone che si voltano a guardarmi. Lui che mi porta nella macchina gigantesca dell’Eurovision, lui che mi telefona di notte da Londra, mi dice che sta partendo ma che io devo precipitarmi lì a vedere uno spettacolo teatrale (era The Inheritance) che lui ha appena visto e che sente cambierà le cose. Io che parto il giorno dopo ed effettivamente scopro che ha ragione. Lui che viene a casa mia a Roma per scrivere, io che lo raggiungo (a Roma, in Toscana, a Londra) per parlare, inventare, sentire i suoi nuovi pezzi, andare a vedere una mostra, progettare qualunque cosa. Innumerevoli pranzi («mangi troppi fritti» mi dice) colazioni, cene, il privilegio di essere accolto a casa, insieme alla sua famiglia, di nascita e di elezione. Un Capodanno a Firenze con un suo concerto acustico. Un concerto in un club a Londra in cui lui non lo sa ma mi ha fatto sentire di nuovo ragazzino (perché lui ha l’energia di un diciassettenne che vuole cambiare il mondo). E gli sguardi intesa alle riunioni con gli altri, mentre macchine gigantesche, concerti, film, show, serie televisive, videoclip, vengono messe in moto e io che lo ammiro mentre fa il regista di sé stesso, mentre segue ogni singolo dettaglio, mentre crea, mentre ascolta tutti e segue sé stesso, senza stancarsi mai, con una leggerezza e un impegno che li vedi insieme e non ci puoi credere.
Il talento di Mika è ammirevole dall’esterno. Ma quando ci sei vicino, e lavori con lui, è inarrivabile, contagioso, e di grandissima ispirazione. Mika mette te, e le altre persone che
collaborano con lui, Tiziana,
Giulio, Annalisa, Carolina, tutti, nella condizione più felice, quella di aiutarlo creativamente a portare al mondo la sua visione. Sa fare squadra rimanendo la guida (qualcosa che mi porto dietro quando sono regista delle mie storie). E mentre sta per cantare in mondovisione di fronte a centinaia di milioni di persone trova il tempo di fermarsi dietro le quinte per guardarti negli occhi e capire se stai bene o no. Di occuparsi di te. Perché si accorge di tutto quello che ti succede. Il che non è sempre necessariamente quello che vuoi. A volte mi impressiono ancora, e gli dico che lui ha una magia. Lui mi manda a quel paese. Ma ho ragione io. Le cose che so di Michael, in realtà, sono centinaia e centinaia. Questi anni sono stati anni di privilegi per me. Alcuni sono pubblici, altri (per esempio, uno su tutti, quello di avere letto i suoi racconti e sapere come sa scrivere bene) sono per il momento privati. Altri non posso né voglio scriverli, perché sono e resteranno nostri. Perché il privilegio più grande di tutti, fra quelli che sento di avere con lui, non è quello dell’amicizia. È quello dell’intimità.
PHOTOMONICASILVA