Corriere della Sera - Sette

«DA BAMBINO PERSI LA CASA TRE VOLTE E DIVENNI NOMADE» «DOPO MIA MADRE VIVO COME FOSSI MORTO, COSÌ TUTTO È MERAVIGLIA»

- DI TERESA CIABATTI

ichael Holbrook Penniman Jr., in arte Mika, 39 anni, è oggi uno dei cantanti più conosciuti al mondo. Reduce da un tour mondiale che in un solo anno lo ha portato dall’Eurovision al Coachella Valley Music (California), passando per lo Your in Canada, e il Roundhouse di Londra, quindi: New York, Montreal, Quebec, Toronto, San Francisco, Los Angeles, e la tournée francese con tappe in Spagna, Svizzera e Belgio, al momento Mika sta preparando due album, uno in Francia, l’altro in Inghilterr­a. Il 19 settembre sarà a Verona per un grande concerto. Originale, ispirato, intenso, talentuosi­ssimo, Mika nasce a Beirut, da dove fugge con la famiglia a causa della guerra civile. Vive a Parigi, poi a Londra. Madre libanese, padre americano, lui, terzo di cinque figli, ha sempre sentito i confini come possibilit­à, non come barriera, al pari della dislessia che, nonostante i pareri dei maestri di musica (come si fa a cantare e comporre senza leggere le note?), non è stata mai ostacolo, piuttosto necessità di inventare un modo personale per seguire la vocazione. A un anno dalla morte della madre – lei che lo ha voluto cantante – Mika ritrova la sua identità insieme a quella della mamma ovunque, nei luoghi dell’infanzia e non solo, nell’esplorazio­ne, nel nomadismo – fuga o viaggio – che ha caratteriz­zato la loro vita familiare. Cos’è l’identità?

«Il rapporto umano, il cibo, il sentimento, il sesso». I confini?

«A me interessa l’identità che deriva dall’erosione dei confini, da quello che passa attraverso». Quanti confini ha attraversa­to Mika?

«Tantissimi». 1984: fuga da Beirut.

«Avevo due anni, non ho ricordi».

Racconti?

«SCAPPAMMO DAL LIBANO SENZA NIENTE, PERÒ POI A PARIGI RICREAMMO IL NOSTRO MONDO, IL CIBO, LA MUSICA, I MOBILI, I TAPPETI... E LE ZIE»

«Noi che torniamo da una cena e troviamo il muro della stanza delle mie sorelle buttato giù da una bomba. La stanza si apriva sul vuoto».

La guerra per Mika bambino?

«Potevamo parlare di vestiti o di scuola, ma si finiva comunque lì, alla guerra. Quel senso di vita che si ferma in continuazi­one, riparte e si ferma, insieme alle contraddiz­ioni: cadono le bombe e i ristoranti cercano di aprire».

Spirito che condiziona il suo carattere?

«Mio e dell’intera famiglia. L’idea della rimonta. Puoi perdere tutto da un momento all’altro e ricomincia­re». Oggetti portati dal Libano?

«Scappiamo senza niente. Una volta a Parigi però, nella nostra casa, ricreiamo il Libano».

Nello specifico?

«Libano era cibo, musica, mobili, tappeti, zie. Le mie zie che odoravano di profumo francese, lacca americana, tabacco e Listerine (ndr: collutorio)». Prevalenza di donne?

«Mia madre cuciva vestiti per bambini, e con lei lavoravano quattro donne. Casa nostra, tra zie e sarte, era piena di donne. Tenere e cattivissi­me, oneste e disgraziat­e. Ogni sera c’era qualcuna che arrivava per piangere, o lamentarsi perché un’altra le aveva rubato qualcosa: la borsa, il marito».

Voi bambini?

«Vietato giocare scalzi, il pavimento era pieno di spilli».

Lavoro di suo padre?

«Consulente finanziari­o, però onesto. E negli Anni 80 non potevi fare quel lavoro se eri troppo onesto. Chiunque lo fregava. Gli altri prendevano bonus, lui no, per questioni etiche, diceva. Un individuo così finisce per essere pericoloso, d’intralcio al sistema, difatti perdeva il lavoro». E?

«Ne trovava un altro, accettava incarichi pericolosi come andare a chiudere una banca in Kuwait,

peccato che quella notte Saddam Hussein invadesse il Kuwait (la Guerra del Golfo) e mio padre venisse sequestrat­o». Durata del sequestro?

«Sette mesi». La vostra attesa?

«La casa si riempiva di donne per pregare. Le musulmane bevevano caffè, le cristiane ci obbligavan­o a recitare il rosario. Ho recitato il rosario per sette mesi». La liberazion­e di suo padre?

«Torna magrissimo, la barba lunga, taciturno. Per noi figli è stato come trovarsi davanti a uno sconosciut­o, ne eravamo intimiditi. Non siamo stati più capaci di chiamarlo papà, da quel momento lui è Mike». Il periodo che segue?

«Tornato Mike, la caduta: lui perde il lavoro, perdiamo la casa, finisce la vita stabile». E?

«Con la Toyota Previa andiamo a Londra. Viviamo per due anni in un Bed & Breakfast. Sette persone in due stanze».

La nuova vita?

«Io che venivo da una piccola scuola privata arrivo in questa scuola pubblica di tremila studenti. Arrivo coi vestiti disegnati da me e cuciti da mamma». Quali?

«Pantaloni pink e papillon». Accoglienz­a?

«Non vengo accettato né dai compagni, né dagli insegnanti. Ce ne era una in particolar­e che sceglieva tra gli studenti le vittime su cui comporre poesie cattive da far recitare alla classe intera». Le poesie su di lei?

«Di me scriveva: “pigro, idiota,

«UNA INSEGNANTE FECE UNA POESIA SU DI ME, SCRISSE CHE ERO PIGRO, IDIOTA, SCEMO E STRAVAGANT­E. AVEVO 8 ANNI. POI MI CACCIARONO»

scemo, inconsapev­ole, stravagant­e”». Stravagant­e?

«Riferito alla sessualità, ma avendo io otto anni non capivo il riferiment­o, sentivo solo un grande disagio. Disagio e timore».

Perciò?

«Mi chiudo, smetto di comunicare. Tempo qualche mese, e vengo cacciato da scuola».

Sua madre?

«Non si abbatte, anzi rilancia: “Ok, dimentichi­amo la scuola. - Dice – Da oggi tu ti svegli alle sette come le tue sorelle, mattina al parco, pomeriggio a studiare musica”. Le mie giornate allora diventano tre ore di gioco al parco, poi casa, quattro ore di canto con un’insegnante russa. Il resto del tempo ad aiutare mamma: cucinare, cucire, andare al supermerca­to».

La musica per Mika?

«A quattro anni mamma e papà mi regalano un violino. Dopo un’ora il violino era a pezzi. Quando loro mi chiedono perché, io rispondo che volevo vedere cosa c’era dentro. Da dove veniva la musica».

Da dove viene la musica?

«Da un luogo che non si vede».

Il regalo che fa a sua madre con i primi guadagni?

«Pago gli arretrati dell’affitto per non farci portare via casa». Quante volte avete perso la casa? «Tre, nonostante fossimo sul punto di perderla sempre, vivevamo con la minaccia costante sulla testa. Noi figli eravamo istruiti su cosa dire a chi bussava alla porta per riscuotere i debiti».

Ovvero?

«Mi fai paura”, “mi sento a rischio”. E anche, dalla finestra: “Non ci sono adulti nella proprietà”». Gli adulti?

«Nascosti sotto il letto».

Conseguenz­a?

«I creditori se ne andavano. Certo, sarebbero tornati, ma intanto noi avevamo salvato la casa per un altro giorno».

Faticoso?

«Siamo sempre stati uniti, e questo creava allegria». Quando sparisce la paura della perdita materiale?

«Vivo ancora nel terrore di perdere la casa». Anche col successo?

«Ogni giorno». La reazione di sua madre al successo?

«Di felicità e di paura». Paura di cosa?

«Non capiva che il cambiament­o è necessario. Lei voleva rispondere al successo col pudore, pensava che la mancanza di pudore portasse a una punizione come era successo a mio nonno». Suo nonno?

«Mio nonno materno, industrial­e tessile che aveva fatto fortuna in America dal nulla, ha sessant’anni quando sposa mia nonna sedicenne. S’incontrano su una spiaggia di Beirut. Mia nonna viene mandataa Parigi per un restyling totale da Alexandre de Paris, colui che ha inventato il look di Grace Kelly. Dopo il cambio look la nonna viene spedita in America. Non imparerà mai l’inglese, avrà cinque figli di cui la prima, mia madre, che fa da mamma ai fratelli. Nonna rimarrà fino all’ultimo una selvatica. Alla morte del nonno, fine Anni 70, perdono tutto. Diventano poveri». Punizione?

«La punizione alla mancanza di pudore della famiglia, secondo loro». La mancanza di pudore di Mika?

«Mia madre pensava che la mia sessualità fosse una provocazio­ne. Diceva: “Lo fai perché va di moda?”» Poi?

«Inizia a capire che il ragazzo

«MIA MADRE HA VENDUTO TUTTI I SUOI GIOIELLI PER MANTENERCI. COSÌ, QUANDO HO POTUTO, LE HO REGALATO SMERALDI E DIAMANTI»

sempre con me, Andreas, non è un collega, ma altro».

A quel punto?

«Mia sorella Yasmine è dubbiosa. Passate le numerose sventure, pensava che essere felici fosse una certa normalità: matrimonio, figli». Dunque?

«Lì è mia madre a cambiare completame­nte posizione. Dice: “Non bisogna utilizzare l’idea di normalità come un’arma”. Spiega che lei non ha fatto sacrifici per rendere la normalità un’ambizione».

I sacrifici di sua mamma?

«Nella nostra famiglia nessuno era innocente. Mia madre spendeva soldi, non per sé stessa, mai comprato un vestito per sé, li spendeva per noi, per la scuola: a Parigi andavamo alla scuola pubblica, in seguito, per problemi vari tra cui la mia dislessia, ci ha spostato in quella privata, costosissi­ma». Come trova i soldi?

«Le donne orientali portano al polso un bracciale d’oro, è un simbolo, rappresent­a la loro ricchezza che, nel peggiore dei casi, si vende. Mia madre il suo lo ha venduto. Ha venduto tutti i suoi gioielli per noi».

La vostra gratitudin­e?

«Appena abbiamo potuto, io e le mie sorelle siamo andati a ricomprarl­e il bracciale d’oro. In generale, col successo, se io dovevo farle un regalo, le regalavo un gioiello».

Ora che lei non c’è più?

«Se fossi più coraggioso metterei io quei gioielli: smeraldi, diamanti. Fiori, ci sono tantissimi fiori». La morte della mamma.

«Mia madre è morta per un tumore al cervello». La vita senza di lei?

«Ho dovuto inventarla». In che modo?

«Non vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo». Ma?

«Vivere ogni giorno come se fossi morto». Quindi?

«Visto da quella prospettiv­a è tutto meraviglia».

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 ?? ?? Alcuni momenti della vita di Mika, pseudonimo di Michael Holbrook Penniman Jr. (nato a Beirut nel 1983), e
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Alcuni momenti della vita di Mika, pseudonimo di Michael Holbrook Penniman Jr. (nato a Beirut nel 1983), e della sua famiglia
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Qui sopra Mika mentre sceglie alcune stoffe e uno dei suoi due cani e altri dettagli della sua vita giù dal palco
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 ?? ?? Joannie Penniman, la madre di Mika: è morta lo scorso anno per un tumore
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Joannie Penniman, la madre di Mika: è morta lo scorso anno per un tumore al cervello e altre immagini dall’album di famiglia dell’artista
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