Tempesta Vaia, la natura offesa ispira la Cerchia
Palazzo Trentini In mostra fino al 20 dicembre opere ispirate alla tempesta di un anno fa I pittori della «Cerchia» e la rilettura del dramma: dagli alberi caduti alla speranza di un nuovo inizio
La natura, dapprima integra e accogliente, poi offesa, distrutta. Contemplazione e desiderio di vivere la bellezza dei luoghi, seguiti da incredulità e dolorosa impotenza di fronte alla subitanea devastazione. Spaziano tra questi due poli gli artisti trentini dell’associazione La Cerchia nel rappresentare la propria visione del «Bosco. Un equilibrio spezzato», la mostra visitabile a Trento, Palazzo Trentini (via Manci) fino al 20 dicembre.
«È forse superfluo, ma sempre importante ricordare il motivo che ha condotto gli artisti della Cerchia a rivolgere la propria ricerca sul bosco, dopo la tempesta Vaia dell’ottobre 2018: un sentire comune a molti, insieme al ruolo dell’arte, che è sempre più quello di porre problemi, interrogativi, che obblighino a fermarsi e a pensare», spiega la curatrice Elisabetta Doniselli. Diciassette gli artisti presenti nel percorso espositivo, che offrono al pubblico la loro interpretazione delle profonde ferite che a un anno di distanza, e per diversi altri decenni ancora, il paesaggio dolomitico continuerà a portare impresse. Si tratta di un’indagine che si alimenta degli echi di tempi antichi, quando molti boschi si ritenevano abitati dal divino, per raggiungere il contemporaneo, il tempo «dell’Antropocene», in cui all’essere umano e alla sua attività sono attribuite le cause principali delle modifiche territoriali, strutturali e climatiche.
Così Luisa Bifulco nel Mio bosco esplora il rapporto luce-buio all’interno di una galleria vegetale in cui usa il colore addensato del bitume per rendere concreto l’imbocco cupo nel folto degli alberi, mentre nel Sentiero le piante, riverse a terra, si trasformano in labirinto oscuro e accidentato. Carla Caldonazzi presenta invece una trilogia i cui protagonisti sono «tre personaggi dal temperamento drammatico, ovvero ciò che è sopravvissuto alla tempesta, mentre rami e chioma sono assenti», riprende Doniselli. L’ora del bosco di Paolo Dalponte conduce nei territori del sacro, e ciò che emerge «è il richiamo alla responsabilità, la necessità di dare una priorità agli atteggiamenti umani, e quindi agli interventi. La grafite solca il foglio con nodi di radici, tentacoli lanciati verso la luce, in un sovvertimento innaturale a fronte di un’invocazione inascoltata», approfondisce la curatrice. È sulle Radici del bosco che si concentra invece l’attenzione di Adriano Fracalossi, nei cui lavori «tessere di colore il più delle volte piatto, definiscono presenze arboree rarefatte e anfratti rocciosi, quasi l’ambientazione di un mondo primitivo. È appunto quel dato concreto e vitale, che l’attuale civiltà non ha più voluto considerare».
I titoli stessi dei lavori narrano le diverse sfumature della ricerca: si spazia dai Ritmi vegetali di Giorgio Tomasi, che propone ambientazioni boschive ai limiti del figurativo, allo Schianto di Elisa Zeni all’intonazione fortemente narrativa di Mito e leggenda di Roberto Piazza. Stefania Simeoni rappresenta i suoi Alberi, mentre per Ilario Tomasi il riferimento si rivolge a un unico Albero. Ancora, Il grande albero di Silvio Magnini e El arbor di Eva Laura Moraga. Protagoniste dell’estetica di Roberto Segati si fanno le Foglie, mentre i vapori colorati del Plenilunio si distendono nella tela di Pierluigi Negriolli. Si continua con Disastro ambientale, il tema scelto da Bruno Degasperi, quindi nel percorso espositivo ci si sofferma su una data per non dimenticare: 29 ottobre 2018, è infatti il titolo di Domenico Ferrari, Vaia quello di Annalisa Lenzi. Quasi come un’invocazione sale, infine, il Tienimi su del dipinto di Gianni Mascotti.
«La rassegna intende muoversi principalmente in due direzioni – interviene il presidente della Cerchia Adriano Fracalossi -. La prima considera il bosco come ambiente naturale, dove natura e cultura si incontrano in una pluralità di modi, tra campo della necessità e universo del simbolico». Il sottotitolo «un equilibrio spezzato» indica l’altra direzione, che fa riferimento all’attualità: «La tempesta Vaia, simbolo della forza di una natura potente, indifferente all’uomo – osserva -. Ma anche una risposta a un rapporto con la natura troppo spesso antropocentrico, di semplice sfruttamento delle risorse. Infine la mostra vuole essere un contributo a una riflessione sulle possibili modalità di un confronto tra l’arte e la natura», conclude Fracalossi.
Un evento che mette in comunicazione le varie frontiere dell’espressione con i cambiamenti subiti dalla natura