«In città pochi teatri e luoghi per fare musica Giusta l’idea delle tende» «Da New York a Londra ed Atene il fenomeno è globale: i prezzi alti sono nemici dell’arte»
Mika: Milano sorprende, in molti campi è come Londra
Mika è un cittadino del mondo: è nato a Beirut, cresciuto a Parigi e a Londra, ha vissuto negli Stati Uniti e anche in Italia. Guarda a Milano, dove è tornato di recente per un concerto al Castello Sforzesco in anteprima di Piano city con l’occhio di chi conosce le grandi capitali estere, le loro sfide e i loro problemi. E se da un lato solidarizza con la protesta degli studenti nelle tende contro il caro affitti, dall’altro auspica che ci siano più spazi per la musica live in città.
Che effetto le ha fatto poter suonare in un luogo simbolo della città come il Castello Sforzesco?
«Per me è stato un privilegio avere accesso a un posto di Milano che è quasi sacro ed è anche un bel segnale per gli altri musicisti. Milano sta prendendo veramente in mano l’idea di essere contaminata, di aprirsi a diversi generi».
Che cosa le piace di questa contaminazione?
«Dal Salone del Mobile all’opera, dal pop alla musica più tradizionale, Milano si sta posizionando in una maniera molto contemporanea culturalmente parlando».
In base alla sua esperienza, Milano è al passo con le altre città europee?
«Milano ha sorpreso tantissime persone. Dal punto di vista del design, dell’arte, dell’intenzione e dell’ambizione culturale è quasi allo stesso livello di Londra e questo 15 o 20 anni fa era impensabile». Cosa manca, secondo lei? «Non ci sono abbastanza teatri e posti per fare concerti. Il Fabrique è figo, l’Alcatraz è importante, ma servono altri locali, soprattutto da 3-4mila posti, perché quella capienza lì è importantissima per gli artisti. Non tutti devono scegliere tra il Fabrique o il Forum, la via di mezzo è fondamentale. E poi ci vorrebbero anche più club che stanno sparendo dappertutto. Se non lo fa Milano, chi lo farà in Italia?».
Gli studenti protestano per il caro affitti e molte persone non possono permettersi una casa, vista l’impennata dei prezzi: anche in quest’ambito meno virtuoso Milano sta seguendo le metropoli straniere? «Non sta succedendo solo qui. Londra è il caso estremo, con la differenza è che Londra è enorme. Quando andavo a scuola lì, a 15 anni, il mio migliore amico prendeva ogni giorno un treno che ci impiegava 50-55 minuti, senza ritardi. Per lui era normale, ma una cosa del genere è tosta. Se a Londra è così da parecchio tempo, ora però sta succedendo anche altrove, penso ad esempio ad Atene, dove gli studenti non riescono più a permettersi le case, gli affitti si stanno alzando e gli stipendi rimangono uguali».
Quindi lei solidarizza con gli studenti nelle tende?
«Certo. Io vengo da una famiglia che è anche newyorkeseelìil rent control, la regolamentazione degli affitti, ha dato la possibilità a tantissimi di non perdere i loro appartamenti, ad artisti e professori di rimanere in zone che sono state sviluppate e gentrificate».
Che cosa intende?
«Nel mondo dell’arte l’aumento dei prezzi ha conseguenze enormi. Siamo felici di avere Google o Microsoft nelle nostre città, ma poi a Londra vediamo che non si riesce più a sostenere economicamente la English National Opera, tanto che dovrà traslocare a Manchester. Questo è molto triste».
A Milano si discute del problema della sicurezza, con recenti episodi di violenza anche nei club.
«L’idea che tu possa andare a una festa ed essere in pericolo è un’idiozia senza ragione. La sicurezza nei club o ai concerti è importantissima perché è fondamentale avere degli spazi dove puoi perderti senza paura».
Città contemporanea «La metropoli si è aperta all’idea di essere contaminata da diversi generi»
I giovani e gli affitti