Corriere della Sera - La Lettura
Ho chiuso internet in una stanza
Visioni Il web è imploso e sotto chiave: un romanzo salda la disillusione tecnologica con l’ascesa di Trump. L’autore Mark Doten: «La fiducia nella rete si è trasformata in rabbia»
«Siamo nello spaziotempo di Trump, e Trump è un sintomo di internet, della follia americana che dilaga in rete, è una creazione di internet». E ancora, poche pagine più avanti: «Non c’è da stupirsi se abbiamo un presidente autoritario, un demagogo che alimenta paure legate alla razza e divisioni di ogni genere, internet ci ha messo su questa strada».
A parlare sono Rachel e Sebastian, personaggi di Trump Sky Alpha, romanzo dell’americano Mark Doten, che uscirà questa settimana negli Stati Uniti, da Graywolf Press, e in Italia, da Chiarelettere. Un prodotto — assai potente — della internet delusion, dell’amara presa d’atto dei lati oscuri del web. Ma anche un romanzo della nascente Trump-era fiction, la narrativa ispirata all’attuale presidente. L’originalità di Doten — nato nel 1978 nel Minnesota, definito dalla rivista letteraria «Granta» tra i migliori scrittori della sua generazione — è infatti l’intreccio, in un trama romanzesca, di due elementi già messi in relazione nel dibattito pubblico e nella saggistica: la critica a internet e l’ascesa di Trump. «La Lettura» ha visto il libro in anteprima e ha parlato con Doten in occasione della pubblicazione.
«Negli anni Novanta — esordisce lo scrittore — nella fase utopica del web, la crescita esplosiva degli utenti era accompagnata dall’idea che avremmo vissuto in un mondo libero e senza confini. Eppure non è mai stato del tutto vero: internet è un network diffuso, ma fin dall’inizio fu sottoposto a controlli centralizzati. Oggi, poi, odio, silos di informazioni, polarizzazione delle idee, monetizzazione, raccolta mirata dei dati, fanno sì che quel primo ottimismo sia diventato frustrazione e rabbia». Ecco allora che nel suo romanzo Doten chiude addirittura internet in una stanza. Trump Sky Alpha narra una storia visionaria e post-apocalittica, a tratti persino disturbante, nella quale il web — o meglio «l’archivio che ne accoglie i resti» — è messo sotto chiave dopo essere imploso per un attacco hacker.
«Già negli anni Novanta — insiste il personaggio-guru Sebastian — la competenza di internet era andata a concentrarsi nelle mani di un paio di siti: Facebook, Amazon e così via». Ed è vero anche nella realtà, commenta Doten: «Il consolidamento del potere nelle mani di pochi enormi custodi è in apparenza conveniente. Con Amazon un prodotto arriva a casa in poche ore. Ma il meccanismo ha portato all’aumento della gig economy («economia dei lavoretti», ndr), alla stagnazione dei salari, a una crescente disuguaglianza. Una più equa costruzione del mondo implicherebbe protezioni sul lavoro, tasse più alte per grandi aziende e ricchi, una regolamentazione molto più solida su ciò che le società sono autorizzate a fare con i nostri dati».
Già qualche anno fa Dave Eggers ( Il cerchio, Mondadori ,2014) eJoshua Cohen ( Book of Numbers, Random House, 2015) si sono confrontati con le ombre del web e delle aziende tecnologiche. Tema che oggi ispira anche altri narratori. Tradotto in Italia da Fazi, pochi mesi fa, il feroce, ma spassoso, Io odio internet di Jarett Kobek, 39 anni, americano di origine turca. Nel 2018 Jessica Powell,40 anni, già vicepresidente della comunicazione di Google, ha pubblicato sulla piattaforma Medium il satirico The Big Disruption, contro la Silicon Valley. Fino a Donato Carrisi che ne Il gioco del suggeritore esplora gli abissi del virtuale (Longanesi). Doten da parte sua, come dicevamo, salda indissolubilmente disillusione tecnologica e avvento di Trump. Il libro si apre con il presidente delirante dopo lo spegnimento del web. Un abile uso del discorso indiretto libero, con frasi lun- ghe, quasi mai interrotte, fa sì che pure il lettore si senta in bilico. Fino a che il tycoon, da un dirigibile (il Trump Sky Alpha del titolo), scatena la guerra nucleare.
«Trump e il trumpismo — spiega Doten — sono espressioni del lato oscuro di internet. Nel mondo online polarizzato, il punteggio è più importante della politica e si viene raggiunti da notizie di parte. Così in questo ambiente prospera lo stufato di menzogne e nazionalismo bianco dell’attuale presidenza». Trump, prosegue, «ha capito meglio di chiunque come usare internet. Mantiene i temi roventi con una raffica di furia e bugie. Le frasi su Twitter sono così estreme che pure gli altri media le rilanciano». E i sostenitori «lo adorano, amano la sua rabbia. Come ha scritto Adam Serwer su “The Atlantic”, “il punto è la crudeltà”. La gente ama il dolore che Trump suscita. Molti preferiscono che faccia del male agli immigrati o ad altri emarginati piuttosto che ricevere un’assistenza sanitaria decente. La rabbia nutre più di tutto questi supporter».
Nella letteratura recente, già La caduta
dei Golden di Salman Rushdie (Mondadori, 2017) s’ispirava al presidente Usa. Così come il thriller Codice Kingfisher, da poco uscito in Italia per Longanesi, di un giornalista americano rimasto anonimo.
The Feral Detective di Jonathan Lethem (HarperCollins, 2018) e Lake Success di Gary Shteyngart (Random House, 2018) sono ambientati negli Stati Uniti di oggi, fino alla raccolta poetica di Terrance Hayes American Sonnets for My Past and
Future Assassin (Penguin, 2018). Ma lo spirito forse più vicino a Doten è quello della graphic novel Sabrina di Nick Drnaso, candidata al Man Booker Prize, edita in Italia da Coconino (2018): storia di un omicidio in Colorado che si mescola con le paure e le tesi cospirazioniste del web, nel primo anno di presidenza di Trump.
Prevale quindi il pessimismo? A gennaio l’americana «Harper’s Magazine» ha definito i social «il buco nero della democrazia» ma ha invitato a smettere di pensare che «gli ingegneri possano fare politica al posto nostro» e a «concentrarci sul rinvigorire le istituzioni cadute in discredito». Quello che viviamo, dunque, non dipende solo dal web. Lo ammette pure Doten: «Fabbriche di troll e robot russi hanno pesato nel voto del 2016 ma forse l’impatto è sovrastimato. Anche altri fattori spiegano la sconfitta di Hillary Clinton, come la strategia della sua campagna o il mail gate. Detto questo, però, ci sono passi che Facebook e Twitter possono fare, come dotarsi di tecnologie per scovare software dolosi ed eliminarli». Lo stesso Tim Berners-Lee, padre del
world wide web, sta lavorando a una piattaforma che ci consenta di gestire i nostri dati sul web. E alcune startup tecnologiche hanno iniziato a cercare soluzioni alle disfunzioni di internet. «Il problema — dice Doten — è che abbiamo già ceduto troppo ai giganti del web. Ma si deve e si può cambiare». Una vena di ottimismo spunta parlando di #metoo e #blacklive
smatter. «Pur in uno scenario fosco, internet ha permesso di lottare contro il maschilismo e le violenze della polizia, di costruire comunità in un modo nuovo. Continuare a nutrirle è importante quanto frenare le tendenze peggiori del web».