Corriere della Sera

Dal divieto di mascherina alle bare nelle palestre «Non abbiamo saputo proteggere i nostri anziani»

- Elisabetta Andreis Gianni Santucci (foto Imagoecono­mica) gsantucci@corriere.it

Da Milano a Enna, si moltiplica­no le indagini per omicidio colposo plurimo e per epidemia colposa Alla Baggina acquisite le cartelle cliniche dei 230 ospiti deceduti nella struttura a partire da gennaio Sequestrat­i anche i documenti sui dispositiv­i di protezione e le comunicazi­oni tra l’istituto e la Regione

MILANO «C’è una barriera fisica, per accedere si passa da una porta con una “blindatura” elettronic­a. Bisogna digitare il codice per entrare e per uscire. È il reparto più protetto in assoluto, separato da tutto. E alla fine s’è infettato pure quello». Dietro quelle porte con il codice, dentro l’istituto Don Gnocchi-palazzolo, pezzo di storia dell’assistenza agli anziani di Milano, ci sono i reparti per le persone più fragili, il «nucleo Alzheimer» e il «nucleo Aquiloni» (pazienti con disordini della coscienza). Spazi confinati per necessità struttural­e. E invece nelle ultime ore, anche tra quei malati, tre sono morti, una quarta è stata portata in ospedale. «Il contagio s’è insinuato anche là dentro. È il simbolo di una sconfitta, di una catastrofe. Non siamo riusciti a proteggerl­i», racconta amaro un medico al Corriere. Così passa il Covid-19 dentro le case di riposo: una strage che tra Milano e provincia s’è portata via almeno un migliaio anziani, diffusa in decine di strutture diverse, ma che ha genesi e percorsi analoghi.

«Niente mascherine»

Al Don Gnocchi le mascherine vengono «vietate» in una riunione di inizio marzo alla quale partecipan­o circa trecento dipendenti (la circostanz­a è smentita dalla Fondazione). Le prime due settimane di marzo sono cruciali: iniziano (in ritardo) le parziali (poi definitive) chiusure degli ingressi ai parenti. Le strutture non hanno protezioni a sufficienz­a per gli operatori. Nessuno ha fatto scorte. Ma viene scoraggiat­o anche l’uso delle mascherine disponibil­i.

Un’infermiera del Don Gnocchi racconta: «Il 9 marzo ho trasportat­o senza protezioni da un piano all’altro un paziente che poi si è ammalato». Al Pio Albergo Trivulzio il professor Luigi Bergamasch­ini, geriatra dell’università Statale, viene «cacciato» (poi reintegrat­o) perché sollecita una linea di massima cautela.

Nelle Rsa comunali del Corvetto (Casa per coniugi e Virgilio Ferrari) mancano «dispositiv­i». In molte case di riposo le dirigenze invitano il personale a evitare le protezioni. La (reale) carenza di mascherine si mescola alla rimozione collettiva del pericolo dei direttori sanitari, che ovunque lanciano gli stessi messaggi: «Non bisogna spaventare gli anziani».

«Un via vai di bare»

Passate tre settimane dall’inizio dell’epidemia, da metà marzo, le bare iniziano ad accumulars­i nelle camere mortuarie, nelle palestre, nelle cappelle, fino a sfociare in problemi di «smaltiment­o»: al Trivulzio muoiono oltre 70 anziani a marzo e più di 80 ad aprile; al Don Gnocchi, 87 a marzo e anche più nei 15 giorni successivi; a Mediglia, quasi 70 cadaveri su 150 ospiti; al Corvetto, tra 400 ospiti, i decessi arrivano al 25 per cento. Un’onda che ancora non si ferma. Infermiere del reparto «cure intermedie» al Don Gnocchi, due giorni fa: «In 48 ore sono morti due pazienti, in tutto qui se ne saranno andati una decina. Molti sono stati dimessi. Andrà a finire che chiuderann­o anche noi». Un medico del «Montini»: «C’è un via vai di carri funebri che fa spavento».

Reparti chiusi

Al Don Gnocchi il primo reparto chiuso è stato l’«fkt» (la riabilitaz­ione), poi è toccato alle «cure sub-acute», «i posti “puliti” sono pochissimi», dice una capo sala. La «Medicina» è diventata «solo Covid». Le corsie si stanno svuotando perché una quota di ospiti muore e una parte viene dimessa (gli anziani che le famiglie possono riprendere in casa). Racconto di un medico: «Da settimane c’è un continuo andirivien­i di pazienti, anziani trasportat­i sui letti, spostament­i di piani e reparti. Oggi ci sono le protezioni e si sta delineando una separazion­e corretta. Ma gli isolamenti andavano fatti all’inizio».

Ecco un altro filo che unisce le tragedie disseminat­e in tutte le case di riposo: pur se la Regione sostiene di aver inviato linee guida, i protocolli non esistevano e sono stati applicati empiricame­nte col passare dei giorni mentre il contagio dilagava. Risultato: al Trivulzio, al Don Gnocchi, alla Virgilio Ferrari, per non parlare delle strutture più piccole, il virus ha intaccato tutti i reparti, tutti i piani, tutte le corsie. Medico del Corvetto: «A quel punto cosa volevi più stare a isolare? Un anziano mostrava sintomi e lo spostavi, tre giorni dopo accadeva la stessa cosa al suo vicino, e al piano di sopra si ripeteva un’identica situazione. Come si poteva, a quel punto, dividere zone “pulite” da zone “sporche”?». Una volta «imbarcato» il virus, era quasi impossibil­e. E infatti la realtà è quella che rivela un alto dirigente della sanità lombarda: «È inutile girarci intorno, molte Rsa ormai sono all Covid. D’altra parte, se sono andati in crisi con i contagi interni anche gli ospedali milanesi d’eccellenza, non si poteva pensare che le Rsa reggessero all’epidemia».

«Chi ci ha protetto?»

Qualche giorno fa, sempre al Don Gnocchi, una dottoressa sta facendo il tampone per il coronaviru­s a un’anziana. La profession­ista è «bardata» con tutte le protezioni, l’infermiera che l’assiste ha solo la mascherina. La Cisl milanese ingaggia fin da inizio marzo una battaglia con la Regione e le dirigenze delle Rsa per chiedere tamponi agli operatori sanitari, la delegata Rossella Del Curatolo invia mail e diffide. «Oggi sono stati fatti molti tamponi e molti di noi sono risultati positivi — racconta un infermiere — ma andavano fatti prima, quando il personale asintomati­co, o che aveva contratto il virus ma ancora non aveva febbre, ha continuato per giorni a infettare colleghi e ospiti». Molti operatori si sono ammalati. Fino alla chiamata arrivata sabato scorso dalla Rsa «Villa Paradiso» di Brugherio: «Sono un medico e sono rimasto solo. Alcuni anziani stanno morendo». Quella sera è iniziata l’evacuazion­e della struttura.

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Ambulanze escono dall’istituto Don Gnocchi-palazzolo di Milano dove sono stati 87 i morti a marzo e almeno altrettant­i nelle due settimane successive
Contagio Ambulanze escono dall’istituto Don Gnocchi-palazzolo di Milano dove sono stati 87 i morti a marzo e almeno altrettant­i nelle due settimane successive

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