NAPOLI, 249 DOTTORI MALATI IMMAGINARI
IL DIRETTORE DELLE EMERGENZE DEL CARDARELLI “PAURA COVID: CERTIFICATI MEDICI FASULLI PER STARE A CASA. PER LORO PROVO SOLO COMMISERAZIONE”
C’è sempre un lato b. E il lato b della sanità pubblica, nei giorni in cui il racconto dagli ospedali diviene addirittura epico, medici e infermieri si trasformano in patrioti, è stampato in una breve nota di Ciro Mauro, direttore del dipartimento emergenze del Cardarelli, il più grande nosocomio di Napoli, l’eccellenza del Sud: 249 operatori sanitari si trovano in malattia. Non già – come purtroppo succede in queste terribili giornate – perché infettati dal Covid 19. La malattia in questo caso ha preceduto l’infezione e perciò assomiglia a una furbizia, allinea la paura e la converte in diserzione. Così scrive Mauro sui social: “Penso a tutti gli operatori del Cardarelli che sono al loro posto e penso anche a tutti quelli che si nascondono dietro un certificato medico fasullo lasciando i colleghi da soli a lavorare. Non abbiamo rancore contro questi, solo commiserazione. Il Cardarelli andrà lo stesso avanti conseguendo come al solito i migliori risultati della sanità campana”.
Sono i furbetti della corsia. Napoli è al tempo stesso il luogo della sperimentazione più avanzata e il punto apparentemente più acuto di disaffezione, ma altre debolezze sono distribuite a macchia di leopardo in tutto il territorio nazionale e stanno producendo un gravissimo baco nell’assistenza sanitaria ordinaria.
IL VIRUS ha purtroppo allontanato gli italiani dalle cure abituali. I pronto soccorso, nei giorni normali oberati di ogni urgenza, ora sembrano liberati dagli obblighi. Le altre necessità rallentano, fin quasi a spegnersi. Rachele Valboa è otorinolaringoiatra dell’Asl di Caserta: “Oggi zero, non ho visitato nessuno. Nell’ambulatorio in cui attualmente mi trovo nessuno è venuto. I miei pazienti sono per lo più anziani e l’invito pressante a stare in casa, giustificatissimo, viene purtroppo inteso come una condizione obbligata di rinuncia all’assistenza. Sono così spaventati da rifiutare, è successo per davvero, di aprire la porta ad alcuni colleghi andati a visitarli a domicilio. Li vedono bardati nelle tute bianche e immaginano la catastrofe”.
La federazione degli anziani ieri ha denunciato questo vulnus, questo vallone del dolore silenzioso degli ammalati cronici, dei nonni che rinunciano ai controlli, di chi li sospende o anche li posticipa troppo.
È un guaio serissimo, e il primo ad accorgersene è stato Massimo Galli, l’infettivologo del Sacco di Milano: “Dobbiamo assolutamente riprendere in mano il territorio, riagganciare la rete di protezione. A me è capitato che un amico mi abbia chiamato chiedendomi un minimo aiuto telefonico per il suocero, febbricitante. Appena ho ascoltato la sua voce mi sono accorto che non c’era un minuto da perdere. L’ho fatto ricoverare. Gli hanno riscontrato una desaturazione al 70 per cento. Questo signore aveva il genero che ha potuto chiamarmi, e gli altri?”.
ECCO, gli altri. Felicia Craciun, 37 anni, colf romena, giovedì scorso si sveglia senza poter mettere i piedi a terra. Resta un giorno in quelle condizioni “poi dico a mio marito: portami all’ospedale. Lui mi fa, meglio alla guardia medica. Arriviamo, mi visitano e dicono che ho l’herpes zolster. Mi rimandano a casa, altri due giorni di passione. Vado al pronto soccorso, ma i medici mi rimproverano: signora, perché è venuta? Sa che non deve muoversi da casa? Ma io stavo su una sedia a rotelle, non muovevo più le gambe. Se uno non va in ospedale in queste condizioni, allora quando? Mi hanno fatto la risonanza magnetica e hanno detto che era una stupida ernia. Devo ringraziare una dottoressa che mi ha fatto fare una radiografia al torace: polmonite batterica paracardiaca”. Felicia è andata a bussare a un ospedale romano ancora non del tutto svuotati dall’emergenza Covid.
Furbi da una parte, eroi dall’altra. Ieri per esempio Franco Faella, 74 anni, uno degli infettivologi più esperti in Italia, ha lasciato la pensione ed è tornato a fare quel che sa fare. Ha accettato l’invito della Asl di prendersi cura della realizzazione del secondo presidio Covid napoletano: l’ospedale Loreto mare. Settantaquattro anni, è bene ripeterlo.
Ecco le eccellenze dietro cui ripara, purtroppo, questo piccolo e triste mondo sanitario di mezzo.
Ci sono operatori che sono al loro posto e quelli che si nascondono, lasciando i primi da soli a lavorare Non abbiamo rancore: solo commiserazione
CIRO MAURO