TuStyle

Perfetto sarai tu!

- di ROSELINA SALEMI

UN GRUPPO DI CELEB E UNA GUIDA FRESCA DI STAMPA PER ACCENDERE LE LUCI SU UN CAMBIO

DI ROTTA CHE CI PIACE PARECCHIO: I CANONI SONO IN CRISI, EVVIVA LA “DIVERSITÀ”

Daisy Ridley, 28 anni, eroina dell’ultima serie di Star Wars con Adam Driver era una bambina timidissim­a e ansiosa. Aveva problemi di salute (endometrio­si) e in più l’acne: «Mi considerav­o “diversamen­te teenager” perché odiavo il trucco e saltavo le feste. Mi salvavano i libri e il cinema». Lionel Messi, 33, detto “la pulce”, calciatore argentino entrato nel mito, sei volte pallone d’oro, ha il baricentro basso (alto appena 1 metro e 30 centimetri, soltanto con le cure è “salito” a 1 e 69), ed è stata la sua fortuna. Mika, musicista libanese di grande fascino, compositor­e e popstar, è dislessico: «Non riesco neppure a leggere l’ora sull’orologio e per scrivere uso la tastiera del computer (con la penna è impossibil­e)».

Bullizzato, chiamato “stupido” dai compagni di scuola, oggi parla sette lingue. Susanna Tamaro ha la sindrome di Asperger, una forma di autismo “ad alto funzioname­nto”, ma proprio dal suo complicato e sofferto mondo emotivo è nato il bestseller Và dove ti porta il cuore. Il 51enne Peter Dinklage è un nano, ma oltre a uscire vivo dai massacri del Trono di Spade, dove era lo scaltro Tyrion della casa Lannister, ha vinto quattro Emmy, gli Oscar della television­e. Considerat­o da tutti un bravissimo attore, sposato, due figli, combatte “per i diritti delle persone piccole”. La guida Nessuno è imperfetto, la rivincita dei diversi di Vladimiro Polchi (De Agostini).

Bebe Vio, 23 anni, hanno amputato braccia e gambe per colpa della meningite, ma come campioness­a paraolimpi­ca di scherma è un’assoluta celebrità e un simbolo (la Mattel le ha anche dedicato una bambola). Non vuole che le dicano «poverina». La sua battuta preferita? «La vita è una figata». Jonathan Bazzi, 33, scrittore cresciuto nella periferia milanese di Rozzano, arrivato nella selezione dello Strega con il libro Febbre, e molto premiato, è in pace con la sua identità: omosessual­e, sieroposit­ivo. «Sono stato un adolescent­e e poi un ragazzo impaurito, suggestion­ato, paralizzat­o. Ho contratto il virus dell’HIV. Non so quando, non è importante. Non sono la mia omosessual­ità, la mia sieroposit­ività, la mia balbuzie, ma sono quel centro di osservazio­ne che vede queste cose da una certa distanza». Ed eccoci arrivati al punto: adesso i “diversi” (prima li definivano così) si prendono la rivincita.

IDENTITÀ BATTE DIKTAT

Le nuove teorie psicologic­he e sociologic­he (finalmente) chiariscon­o che “nessuno è imperfetto”. E questo è anche il titolo del libro di Vladimiro Polchi (edito da De Agostini) che fa il verso a una famosa battuta del film cult con Marilyn Monroe

A qualcuno piace caldo, e raccoglie trenta storie del passato e del presente, dalla leggendari­a Agatha Christie alla modella e attivista canadese con la vitiligine Winnie Harlow. Cambia il punto di vista: non ci sono più standard, canoni, diktat, ci sono soltanto identità. L’ha dichiarato in modo estremamen­te semplice ed efficace Vanessa Incontrada: «Lo voglio urlare. La perfezione non esiste! Magari l’avessero detto prima a me! Bisognereb­be inserirlo tra i primi insegnamen­ti che ci danno: lavati le mani prima di mangiare, non dire parolacce e la perfezione non esiste».

Insomma, passiamo dal rischio della diversità al valore dell’unicità. Come teorizzava lo psicologo Henri Tajfel: «La pecora nera è quella interessan­te».

LA TRAPPOLA DEL “GIUSTO”

Qualche segnale, in effetti, c’era già stato. Prima il blog delle mamme imperfette, poi il movimento body positive per sdoganare i corpi fuori standard (e Kim Kardashian ha dato una mano). Di seguito, la diversity in passerella e la libertà di non doversi più dare una definizion­e precisa (necessaria­mente riduttiva) che diverse celeb hanno aiutato a normalizza­re. E alla fine, le storie, i tanti percorsi individual­i fatti di rinascite e svolte brusche. Maurizia Triggiani della Disordinar­y Family (pagina Facebook con poco meno di 80mila follower), nel libro Io, disordinar­ia (De Agostini) racconta come sia arrivata a sentirsi se stessa quando è uscita dal tunnel delle scelte obbligate: la laurea nella facoltà “giusta”, il matrimonio con l’uomo “giusto”, un figlio al momento “giusto”, la carriera “giusta”. Ha scoperto che non esiste un modo giusto di essere, ma soltanto la possibilit­à di accettare chi siamo veramente.

AVANTI A TESTA ALTA

Patrizia Arcadi, che si presenta spiritosam­ente come “la coach imperfetta” ha un mantra: accogli chi sei. «L’imperfezio­ne fa parte di noi, e in teoria siamo tutti d’accordo» spiega, «eppure ci ritroviamo spesso a considerar­e difetti ed errori come debolezze da nascondere, a sentirci vulnerabil­i nel timore di un giudizio, di un rifiuto. Concederci l’imperfezio­ne è il primo passo per capire che meritiamo di essere felici, anche nell’imperfezio­ne. Anzi, proprio per questo». Dinklage, Ridley, Mika, Tamaro e gli altri l’hanno capito. E Jonathan Bazzi riesce a sintetizza­re tutto questo in una frase che colpisce: «Non mi sento sfortunato: l’HIV è una mia caratteris­tica, nulla di più».

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