Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Quei veneti bloccati in India: «Manca cibo»

«In duecento, senza cibo, bloccati a Goa»

- Di Eva Franceschi­ni

Duecento italiani, fra cui molti veneti, sono bloccati a Goa,in India dove, dopo le prime segnalazio­ni di contagio, il lockdown è stato messo in atto senza alcun preavviso. «Chiusi nelle case, senza cibo, aiutateci» è l’appello del padovano Danieletto (in foto).

Ormai senza cibo, prossimi alla disperazio­ne e stremati dall’attesa. È questa la condizione di circa 200 italiani bloccati a Goa, località della costa sud-occidental­e dell’India dove, dopo le prime segnalazio­ni di contagio da Covid- 19, il lockdown è stato messo in atto senza alcun preavviso. Nel giro di poche ore i market hanno chiuso quasi completame­nte i battenti, restando aperti soltanto un’ora al mattino, dando così luogo a resse infernali, alle quali i turisti italiani non si avvicinano nemmeno.

Tra loro anche i veneti, in particolar­e una donna residente a Venezia, Liliana Vanzini, e un padovano 65enne, appassiona­to di musica indiana, Lorenzo Danieletto. È lui ad essere riuscito a sfruttare social e tecnologia per mettersi in contatto con la nostra redazione, nel tentativo estremo di lanciare un appello alle istituzion­i, in particolar­e alla Farnesina, dopo la cancellazi­one di tutti i voli. Ospiti delle guesthouse di Goa, non riescono in alcun modo a raggiunger­e Delhi, unica città da cui partono voli dell’Alitalia. Sono in contatto con il consolato di Mumbai, con l’ambasciata italiana a Delhi, e con il ministero degli Esteri, dai quali ricevono parole di rassicuraz­ione da giorni, ma senza risposte certe in merito alla programmaz­ione di un rientro effettivo.

Tutti i negozi e i ristoranti sono chiusi, e il cibo sta iniziando a scarseggia­re. A partire dal 22 marzo, con l’avvio del coprifuoco Jhanta, i pochi negozi aperti sono rimasti vuoti e non hanno scorte. I negozi a cui è stato concesso il permesso di consegnare a domicilio, non effettuano le consegne perché hanno esaurito i generi alimentari. « Riusciamo a mangiare a stento, e solo grazie alla solidariet­à di alcuni amici indiani che ci portano qualcosa di nascosto» racconta Lorenzo Danieletto, impiegato delle Poste. Le autorità locali, infatti, impongono alla popolazion­e di mantenere le distanze e di non avvicinare i turisti stranieri, in particolar­e quelli italiani: « Iniziano a guardarci con sospetto, e gli hotel non fanno più entrare nessuno di noi». Sono le 16 in Italia, e a Goa è ora di cena: «Stasera siamo fortunati, perché ci sono arrivati riso e lenticchie». Ieri, per Lorenzo e molti degli italiani in loco, giornata di digiuno totale: troppo pericoloso accostarsi alla folla che circondava i pochi market aperti. Sfiniti dalla situazione generale, dalla paura di contrarre il virus, e dall’assenza di cibo, gli italiani sono serrati nelle loro stanze. Il clima fa il paio con l’atmosfera che si respira: temperatur­e che superano i 33 gradi, tasso di

Bloccati Lorenzo Danieletto e altri 200 non riescono a tornare a casa umidità che arriva all’80 per cento, assenza praticamen­te totale di aria condiziona­ta, e un vociferare continuo di possibili decessi dovuti al Covid19: «Ci arrivano notizie contrastan­ti, che ci mettono in allarme, gettandoci ancora di più nello sconforto. Siamo seduti su un vulcano che sta per scoppiare» dice Lorenzo. Insieme a lui ci sono anche piemontesi, come Beppe, e trentini, come Yvonne.

Tra i 200 italiani bloccati vi sono anche molte persone che hanno superato la media età, con patologie croniche, ormai da anni abituate a soggiornar­e nella località indiana, dove il clima mite e i costi minimi consentono una qualità di vita per loro migliore. Oggi, gli stessi luoghi vivaci, fino a poche settimane fa considerat­i una seconda casa, sono lo specchio del dramma più spietato: strade spettrali, villaggi abbandonat­i, spiagge deserte, e sguardi diffidenti da parte della popolazion­e locale. Le istituzion­i chiedono pazienza, ma la situazione a Goa sembra peggiorare di ora in ora, con possibili rivolte sociali per il cibo, e l’esauriment­o dei farmaci per gli anziani con patologie.

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